Le manovre dentro il Pd e le mosse di Meloni
«Sono impegnato fino a novembre del 2024». Prima o poi Paolo Gentiloni deciderà di adottare questa frase come messaggio della sua segreteria telefonica, perché non fa che ripeterla a ogni interlocutore che lo chiama per invitarlo a tornare. C’è chi lo vedrebbe bene come segretario del Pd, chi lo preferirebbe come federatore del futuro centro-sinistra (rigorosamente col trattino), chi lo vorrebbe a prescindere perché in un partito senza linea politica manca l’aria. E quando il telefono del commissario europeo è occupato, viene preso di mira perfino il centralino del Colle, al quale ci si attacca per lasciar detto che «lui ci serve». In che modo e in che ruolo, non importa.
Gentiloni oggi è considerato una sorta di «attaccatutto», il mastice necessario a incollare i pezzi di ciò che era e non è più, l’adesivo con il quale mettere insieme le promesse di tornare a palazzo Chigi e tenere ancora il Quirinale. Dove il candidato sarebbe (ovviamente) lui. Ma lui non sa più come spiegarlo che da Bruxelles non si muoverà fino al termine del mandato di commissario europeo. Scadenza che non coincide con il voto per l’Europarlamento della prossima estate ma con l’insediamento della nuova commissione nel successivo autunno.
E non è solo un problema di timing a rendere Gentiloni sospettoso, c’è anche il fatto che conosce il suo mondo e di quel mondo non si fida. Intanto nel Pd…
Author: Francesco Verderami
Data : 2023-09-20 05:38:31
Dominio: www.corriere.it
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