Al momento, in Italia, la sua prevalenza è al 7%, ma sembra essere destinata a diffondersi sempre di più: stiamo parlando di Covid-19 e della sotto-variante di omicron Bq.1.1, nota anche come Cerberus. Lo riferisce lo European centre for disease prevention and control (Ecdc), che il 21 ottobre ha pubblicato un report sui dati delle sequenze genetiche di Sars-cov-2 e delle sue varianti raccolte dalla banca dati internazionale Gisaid. Secondo i modelli matematici applicati ai dati, l’istituzione sanitaria prevede che entro la metà di novembre, fino all’inizio di dicembre 2022, in Europa oltre il 50% delle infezioni da Sars-cov-2 sarà dovuto a Cerberus e a Bq.1, altra sotto-variante di omicron da cui deriva Cerberus stessa, mentre, all’inizio del 2023, oltre l’80% dei casi di Covid-19 probabilmente sarà dovuto a queste due sotto-varianti, rendendole quelle prevalenti.
La situazione attuale
Il 20 ottobre 2022 l’Ecdc ha designato Bq.1 e i suoi sotto-lignaggi come varianti di interesse di Sars-cov-2, ovvero quelle varianti, di cui si è riscontrata una trasmissione significativa in più comunità o cluster, che presentano cambiamenti genetici in grado di influenzare le caratteristiche del virus da cui derivano come la trasmissibilità, la gravità della malattia e la capacità di sfuggire al sistema immunitario, di influenzare la diagnosi di malattia o l’azione delle terapie disponibili. Bq.1 è una sotto-variante di Ba.5 (nota anche come omicron 5, emersa nel febbraio 2022 e che al momento è la variante di Sars-cov-2 prevalente a livello globale) che presenta modifiche aggiuntive alla proteina spike, proprio nella regione in cui essa si lega al recettore delle cellule ospiti, che potrebbero influenzare la sua capacità di trasmissione e di risposta del sistema immunitario di persone vaccinate o che sono state già infettate dal virus; in particolare, Cerberus, rispetto a Bq.1, presenta un’ulteriore modifica nel dominio di legame di spike.
In effetti, i Cdc statunitensi avevano già messo in guardia sulla presunta maggiore infettività di Bq.1 e di Cerberus, riportando come in un mese, negli Stati Uniti, i casi relativi a questi lignaggi erano passati da meno dell’1% all’11%. La stessa situazione sembra riproporsi in Europa: come riporta il documento dell’Ecdc, al 17 ottobre 2022 nei paesi dell’Ue le varianti Bq.1 e Cerberus variavano tra lo 0 e il 19%; in particolare, i paesi con le percentuali più alte di queste sotto-varianti sono la Francia (19%), il Belgio (9%), l’Irlanda (7%), i Paesi Bassi (6%) e l’Italia (7%), ma si stima che questi numeri aumenteranno molto presto.
Il futuro di Cerberus
Sulla base delle stime di modellizzazione dei dati, infatti, si prevede che entro la metà di novembre fino all’inizio di dicembre 2022, oltre il 50% delle infezioni da Sars-cov-2 sarà dovuto a queste due varianti e che il numero crescerà fino a toccare l’80% dei casi nel gennaio 2023, quando, presumibilmente, Cerberus e le varianti della sua famiglia saranno quelle prevalenti. Gli scienziati ipotizzano che l’aumento del tasso di crescita possa essere dovuto alla maggiore capacità di evadere il sistema immunitario.
Le mutazioni di Cerberus a carico della proteina spike potrebbero, infatti, “dare un vantaggio a bucare l’azione dei immunizzazioni di vecchia generazione, ossia quelli usati per le tre dosi ad oggi“, hanno affermato ad Ansa Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge, e Angelo Boccia, del gruppo di bioinformatica del Ceinge coordinato da Giovanni Paolella, che ha collaborato all’analisi dei dati Gisaid. Inoltre, le varianti presentano modifiche anche alla nucleoproteina N, componente virale utilizzata dai test antigenici rapidi per la diagnosi dell’infezione da coronavirus. “le riteniamo importanti perché potrebbero essere non rilevate, o rilevate meno, dai sistemi di tracciamento rapidi (antigenici rapidi attraverso l’utilizzo di anticorpi contro la proteina N di vecchia generazione) ora in uso per definire la positività e tracciarli sul territorio“, aggiungono i ricercatori.
Quest’ultima potrebbe diventare una questione fondamentale, perché, come ricorda l’Ecdc nel report, per una gestione ottimale della pandemia i paesi dell’Ue devono monitorare con attenzione la diffusione delle varianti Bq.1 e Cerberus, mantenere sensibili i test diagnostici e rafforzare la sorveglianza genomica, oltre a monitorare attentamente il decorso dei casi di Covid-19, specialmente nelle persone di età pari o superiore a 65 anni – e gli indicatori di gravità della malattia come ricoveri ospedalieri, occupazioni delle terapie intensive ed esiti fatali.
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di Chiara Di Lucente www.wired.it 2022-10-28 15:43:44 ,