Eris sarebbe più resistente. È questa la conclusione a cui sono giunti alcuni ricercatori dell’Università dell’Insubria secondo cui, appunto, la variante di Covid-19 EG.5, sempre più prevalente a livello globale, avrebbe una mutazione che le conferirebbe una maggior resistenza agli anticorpi. Secondo gli autori dello studio, appena pubblicato su European Journal of Internal Medicine, questo spiegherebbe perché i casi di Covid-19 in Italia stanno risalendo, con questa variante rilevata almeno nel 40% dei sequenziamenti.
La variante Eris
Eris, come vi abbiamo raccontato, è finita sotto la sorveglianza dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), come “variante di interesse” all’inizio dello scorso agosto. Da quel momento, i ricercatori hanno provato ad analizzarne le caratteristiche, focalizzandosi su quali mutazioni presentasse e quali potessero essere i suoi effetti sugli indicatori della pandemia, quali il numero di casi positivi, i tassi di ospedalizzazione e dei posti in terapia intensiva, la mortalità. Che, anche nel nostro Paese, sono in aumento: +43,4% i casi positivi, +44,6% i decessi nell’ultima settimana, rispetto alla precedente.
Secondo il più recente bollettino dell’Istituto superiore di sanità (Iss), infatti, “Attualmente EG.5 rappresenta la variante di interesse (VOI) maggiormente rilevata in Europa, Stati Uniti ed Asia, con una prevalenza a livello globale pari al 26,1%”, si legge. “Alla data della più recente indagine rapida per la stima della prevalenza delle varianti di Sars-cov-2 (dal 21 al 27 agosto 2023), si evidenziano valori di prevalenza di EG.5 (41,9%), XBB.1.16 (16,5%), XBB.1.5 (13,4%), XBB.1.9 (12,0%), XBB.2.3 (7,8%), XBB (5,1%) e CH.1.1 (2,3%)”.
Una maggior resistenza
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno così esaminato l’effetto di una particolare mutazione sulla proteina spike, la chiave di accesso del virus per entrare nelle nostre cellule, chiamata F456L e già individuata dall’Ecdc come la possibile ragione del maggior tasso di crescita della variante. Dalle analisi, hanno scoperto che questa conferirebbe una maggior capacità di sfuggire alle nostre difese immunitarie, ossia agli anticorpi sviluppati in seguito a infezioni precedenti e ai immunizzazioni. Questa nuova mutazione, spiegano gli autori, fa mantenere a Eris le stesse capacità funzionali e trasmissive delle precedenti varianti Omicron che hanno dominato lo scenario pandemico degli ultimi mesi.
“I risultati spiegano anche perché questa variante sta diventando dominante (in Italia è presente in almeno il 40% dei sequenziamenti) e fanno affievolire le aspirazioni che le nuove varianti (compresa la Eris) possano diventare col tempo meno diffusive”, precisa Fabio Angeli, coordinatore della ricerca. “Ora più che mai è importante continuare a studiare e monitorare la diffusione delle varianti del virus, anche per indirizzare le future strategie preventive”.
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di Marta Musso www.wired.it 2023-09-11 09:39:19 ,