I ricoveri nelle unità di terapia intensiva per Covid-19 sono 25,6 volte più numerosi nei non vaccinati rispetto a coloro che hanno avuto tre dosi di vaccino. Lo indica l’Aggiornamento nazionale sull’epidemia in Italia dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Il tasso di ricovero nelle terapie intensive è pari a 23,1 ogni 100.000 abitanti per i non vaccinati, a 1,5 ogni 100.000 per i vaccinati da oltre 120 giorni, a 1 ogni 100.000 per vaccinati da meno 120 giorni e 0,9 ogni 100.000 per i vaccinati con la dose booster.
L’efficacia del vaccino nel prevenire l’infezione da Covid 19 è pari a 77,6% entro 90 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, 64,5% tra i 91 e 120 giorni, e 41,6% oltre 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale. Rimane elevata l’efficacia vaccinale nel prevenire casi di malattia severa: 95,7% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, 93% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni, e 88,8% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni. Nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva/booster, l’efficacia nel prevenire la diagnosi e i casi di malattia severa è pari rispettivamente al 75% e al 97,8%.
Dal 20 dicembre scorso al 2 gennaio sono stati segnalati 934.886 nuovi casi, tra i quali 721 decessi, valore che non include le persone decedute pure in quel periodo ma con una diagnosi antecedente al 20 dicembre. Sul conteggio dei decessi però pesa un forte ritardo nella loro notifica, in particolare in Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e dalla provincia autonoma di Bolzano “dovuto a difficoltà tecnico-organizzative e forte pressione sui servizi sanitari”.
La fascia di età che registra il più alto tasso di incidenza settimanale è quella 20-29 anni, pari a 2.144 casi per 100.000
abitanti, in aumento rispetto la settimana precedente. Gli over 80 anni, con 302 casi ogni 100.000 abitanti, sono la fascia con incidenza minore, perchè “presentano anche una maggiore copertura vaccinale sia con ciclo completo che con dose di richiamo”. L’età mediana di chi ha contratto l’infezione da virus Sars-CoV-2 nel periodo in esame è pari a 35 anni, in diminuzione rispetto alla scorsa settimana. In aumento da due settimane la percentuale di casi tra operatori sanitari rispetto al resto della cittadinanza.
Bassetti: con Omicron verso immunità di gregge
“Chi ha visto prima di noi la variante Omicron” di Sars-CoV-2 “crescere in maniera importante, come l’Inghilterra, oggi si trova ad avere il 98% della cittadinanza generale che è in qualche modo protetta dal virus. Perché o ha fatto l’immunizzazione o è venuta in contatto col virus, e quindi si trova in qualche modo protetta almeno dalle forme più impegnative. Diciamo che gli inglesi hanno raggiunto l’immunità di gregge, quella superiore al 95%, alla quale speriamo di arrivare presto anche noi”. Lo ha detto Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, ospite di ‘Buongiorno Benessere’ su Rai1, programma ideato e condotto da Vira Carbone.
“La situazione” in Italia “è di un aumento impressionante dei contagi” Covid “soprattutto nelle ultime due settimane – ha continuato Bassetti – Era atteso, perché è un po’ quello che è avvenuto con la predominanza della variante Omicron anche in altri Paesi. Crescono molto i contagi, anche perché sono cresciuti forse troppo i tamponi eseguiti, fatti anche tante volte in maniera inappropriata. La pressione sugli ospedali sta crescendo, ma non in maniera esponenziale come cresce il numero di persone contagiate. Siamo comunque di fronte a una situazione molto impegnativa”.
“Io credo che bisognerà cercare di differenziare molto chi è positivo e ha Covid, cioè la polmonite, e chi è positivo asintomatico e va in ospedale per un’altra ragione. Questo dovrebbe essere fondamentale nel cambio di colore delle regioni”, sottolinea Bassetti.
“Quello per cui Omicron fa paura – ha spiegato l’esperto – non è tanto la sua aggressività, che si concentra sui bronchi, nella parte alta delle vie respiratorie, e meno nei polmoni. Il problema è che questa variante è molto contagiosa e si dissemina molto più rapidamente di quel che avviene con la variante Delta. Il problema qui è la diffusibilità: se facessimo il tampone a tutti gli italiani, in un momento come questo con un 20% di tamponi positivi, probabilmente avremmo 10-15 milioni potenzialmente positivi o con un raffreddore sostenuto da questa variante. Il che non significa che abbiamo 15 milioni di persone che devono andare in ospedale. Questo deve essere molto chiaro, perché dobbiamo cercare di vivere questa pandemia, questa endemia, in modo un po’ diverso da come l’abbiamo vissuta fino a oggi”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-01-08 12:23:01 ,www.repubblica.it