La maratona giudiziaria della Popolare di Bari è arrivata a una svolta importante che riguarda Vincenzo De Bustis, l’ex amministratore delegato dell’istituto pugliese commissariato due anni fa da Bankitalia e poi salvato dal crack con l’intervento e i soldi pubblici del Mediocredito Centrale. De Bustis, 70 anni, un banchiere di lungo corso in passato al vertice anche del Monte dei Paschi, è stato rinviato a giudizio per il reato di falsa testimonianza. Il processo, fissato per il 2 febbraio dell’anno prossimo, vedrà comparire per la prima volta De Bustis come imputato in un procedimento, tra i tanti, che riguardano la passata gestione della Popolare di Bari.
Secondo l’accusa, il manager avrebbe reso «dichiarazioni mendaci» a proposito di Luca Sabetta, l’alto dirigente della Popolare di Bari che con le sue denunce si è trasformato nel testimone chiave nell’inchiesta giudiziaria che ha portato alla sbarra i massimi dirigenti dell’istituto pugliese, a cominciare dal presidente Marco Jacobini.

Sabetta, che era stato assunto alla Popolare nell’ottobre del 2013 proprio dall’allora direttore generale De Bustis, è stato dapprima privato del suo incarico di chief risk officer e infine licenziato per “giusta causa” nel gennaio 2016, dopo che aveva segnalato problemi e criticità della progettata acquisizione della banca abruzzese Tercas, un’operazione, poi realizzata, che diede il colpo di grazia al bilancio della Popolare. Contro quel licenziamento ha in seguito fatto ricorso Sabetta, che nel giugno dell’anno scorso è stato reintegrato nel posto di lavoro in banca da cui era stato ingiustamente rimosso.

Vincenzo De Bustis
Chiamato a testimoniare tre anni fa nella causa contro la banca promossa dal suo ex collega, De Bustis, che aveva lasciato la Popolare nel 2015, per ben tre volte non si è presentato. Il 31 gennaio del 2019, quando da un mese era tornato al vertice dell’istituto pugliese come consigliere delegato, il banchiere ha finalmente varcato la soglia del tribunale e rispondendo alle domande del giudice del lavoro, ha tra l’altro affermato che il chief risk officer, cioè Sabetta, «non doveva occuparsi di tutte le operazioni di aggregazione con altri gruppi bancari» e non poteva mettere «il veto su operazioni strategiche come acquisizioni o aggregazioni o fusioni». Queste due dichiarazioni gli sono costate il rinvio a giudizio.
I pubblici ministeri Roberto Rossi e Savina Toscani hanno infatti chiesto e ottenuto il processo per l’ex amministratore delegato della Popolare perché le sue parole appaiono in contrasto con quanto lo stesso De Bustis aveva a suo tempo disposto nel 2013, in qualità di direttore generale della Popolare di Bari, con un provvedimento da lui stesso firmato. In questo atto interno della banca, che recepiva una circolare di Bankitalia, si attribuiva al chief risk officer (cioè Sabetta) un potere di veto sulle “operazioni di maggior rilievo”, categoria, quest’ultima a cui apparteneva di sicuro un’acquisizione come quella di Tercas.
Con la sua testimonianza, De Bustis avrebbe quindi cercato (dicendo il falso, secondo i pm) di sminuire il ruolo di Sabetta, contestando la legittimità del suo intervento come responsabile dei rischi. A gennaio del 2019, quando ha testimoniato nella causa di lavoro, l’allora consigliere delegato della Popolare di Bari sapeva bene che il manager licenziato tre anni prima aveva dato un contributo decisivo alle indagini in corso sulla gestione della banca. Le stesse indagini che nel dicembre del 2020 avrebbero portato la procura di Bari a chiedere, tra l’altro, anche l’arresto dello stesso De Bustis. Una richiesta respinta dal gip che invece dispose a carico del manager il divieto temporaneo, per 12 mesi, di esercitare la professione di dirigente di istituti bancari. Quel filone d’indagine, che riguarda tra l’altro il falso in bilancio e l’ostacolo all’attività di vigilanza, deve ancora concludersi, ma intanto De Bustis sarà chiamato a rispondere delle sue dichiarazioni sul supertestimone grazie al quale la macchina della giustizia si è messa in moto.