La storia a lieto fine di una 32enne torinese con alle spalle una lunga vicenda di infertilità a causa di una sindrome genetica rara di cui soffre, la sindrome di Alström. La neo mamma ha messo al mondo un piccolo maschietto di oltre 3 chili e cento.
A causa della sindrome genetica rara di cui soffre, pensava di non avere alcuna speranza di poter avere un figlio ma, grazie alla determinazione sua e dei medici dell’ospedale e della Città della Salute di Torino, una 32enne torinese è riuscita a partorire il suo primo figlio attraverso un lungo iter di Procreazione Medicalmente Assistita che si è concluso nelle scorse settimane e ora è tornata già a dimora. A raccontare la sua storia è lo stesso centro medico specializzato del capoluogo piemontese che ha seguito per tutto il tempo la donna, affetta da sindrome di Alström.
“Ancora un parto che ha del miracoloso. Un primo caso al mondo che ha permesso ad una donna affetta da una rarissima Sindrome di essere seguita nel tempo dai nostri professionisti e di poter mettere al mondo con successo un bel maschietto sano” ha commentato il Direttore generale della Città della Salute di Torino, il dottor Giovanni La Valle complimentandosi per il lavoro delle numerose équipe mediche che hanno partecipato a questo straordinario parto.
Lo stesso centro piemontese è già stato protagonista di parti di donne affette da sindrome di Alstrom. La donna è stata sottoposta a Procreazione Medicalmente Assistita. La 32enne, che ha partorito nei giorni scorsi presso la Ginecologia e Ostetricia universitaria 1 dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino, infatti aveva alle spalle una lunga storia di infertilità che è proprio uno dei possibili sintomi della malattia genetica.
“Sono diventata mamma quando credevo non ci fosse alcuna possibilità” ha dichiarato la donna che infine ha messo al mondo un piccolo maschietto di oltre 3 chili e cento, in ottima salute. Per arrivare a questo risultato, i medici hanno proceduto all’iniezione diretta degli spermatozoi all’interno degli ovociti. Come spiegano dall’ospedale, “la paziente nel suo percorso di trattamento è stata sottoposta a stimolazione ovarica, recupero chirurgico degli ovociti, ICSI e diagnosi genetica pre-impianto rivolta alla ricerca di eventuali alterazioni del numero di cromosomi degli embrioni. Una volta ottenuto il risultato delle indagini genetiche, è stato eseguito il trasferimento in utero di un singolo embrione che ha dato esito alla gravidanza”.
Fondamentale la collaborazione tra le diverse equipe mediche a cominciare da quella di Procreazione Medicalmente Assistita passando per quella dell’ambulatorio di gravidanze a rischio a quello della Neonatologia universitaria. A 38 settimane, un lieve peggioramento delle funzioni cardiovascolari e metaboliche materne ha indotto i medici a programmare il parto cesareo, con il supporto dell’equipe di anestesiologica. Il neonato è stato preso in carico dalla Neonatologia universitaria ma mamma e neonato sono rientrati a dimora dopo pochi giorni in ottime condizioni.
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di Antonio Palma
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2023-07-09 11:26:43 ,