A dirigere c’è lo stesso Michael B. Jordan, l’attore che fin dall’inizio interpreta Adonis Creed, figlio di Apollo e allenato in passato da Rocky per diventare un campione. La sua regia è debolissima, non sa affondare quando deve (ad esempio nel momento importante dell’allenamento) e quando prova a rendersi indipendente e creare qualcosa di proprio si dimostra ingenua e un po’ ridicola (come nel finale allegorico in computer grafica). A salvare solo minimamente il film c’è il fatto che questa storia di un’amicizia trasformata in inimicizia, del successo che corrompe le persone e del risentimento dal passato se non altro è pienamente afroamericana, cioè è la storia del contrasto tra il migliorare la propria condizione e contemporaneamente rimanere legati ad origini umili difficili da gestire per non perdere la propria identità. Tuttavia, affrontata con questo semplicismo, è risibile.
L’uomo dal passato per Adonis è un peso personale e psicologico da portarsi dietro e che risolverà riempiendolo di pugni sul ring. Solo dopo averlo malmenato sarà disponibile a parlare e risolvere ogni contrasto con lividi e molto amore. Che è la riduzione a zero delle dinamiche personali di Rocky; in cui spesso i nemici sul ring sono poi diventati amici ma attraverso percorsi molto più complicati e non come conseguenza diretta dei pugni presi. In mezzo poi Creed III infila anche una storia abbozzata della figlia sorda di Adonis, un conflitto della moglie di Adonis tra carriera e vita che è solo menzionato e non è chiaro che economia abbia nella storia, e infine una sottotrama della madre di Adonis agonizzante che sembra più adatta ad una soap opera, in cui si possono continuamente alimentare storie che proseguiranno nelle puntate successive un boccone alla volta, più che ad un film che deve invece mostrare compattezza.
Del resto quando alla sceneggiatura metti il fratello del regista che aveva iniziato tutto già in maniera fiacchissima e che si è poi moderatamente sfilato (Keegan Coogler), e un ex-scenografo passato alla sceneggiatura con un solo altro film all’attivo (Zach Baylin), e a dirigere lo stesso protagonista del film alla prima esperienza da regista, forse è andata anche troppo bene.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-03-02 08:23:24 ,