Sono solo una decina i paesi del mondo che all’1 gennaio 2025 non prevedono alcuna tassazione sui guadagni in criptovalute. Lo rivela uno studio della piattaforma di comparazione HelloSafe, che ha dimostrato come, in un momento in cui le valute digitali si stanno sempre più affermando come solida alternativa nel panorama finanziario, le politiche fiscali siano radicalmente differenti da nazione a nazione.
Europa
In Europa, la tassazione delle plusvalenze da criptovalute evidenzia una grande varietà di approcci fiscali. Malta, Cipro ed Estonia non prevedono per esempio alcuna imposta, fattore che rende tali paesi attraenti per gli investitori. Al contrario, la Germania e la Danimarca applicano aliquote che superano il 50%. Nel paese teutonico esistono comunque esenzioni per le criptovalute detenute per oltre un anno. Nel mezzo tra i due estremi, ci sono Stati con aliquote forfettarie moderate (come la Francia al 30% e la Bulgaria al 10%) o progressive (come la Spagna, in cui le tasse variano dal 19% al 28% in base al reddito). Di fatto, le politiche europee oscillano quindi tra regolamentazione e incentivi agli investimenti.
America
In Nord America le valute digitali sono tassate con sistemi progressivi. In particolare, in Canada l’aliquota varia tra il 15% e il 50% in base al reddito imponibile e alla provincia di residenza. Negli Stati Uniti la tassazione oscilla invece tra il 15% e il 20%, mostrando un approccio finalizzato a regolamentare i guadagni e salvaguardare al contempo una certa flessibilità fiscale.
Asia
L’Asia presenta una diversità significativa nei regimi fiscali per le criptovalute. Brunei, Hong Kong, Malesia e Singapore non prevedono alcuna tassazione, mentre il Giappone applica aliquote progressive che variano dal 15% al 55%. Anche Taiwan e India adottano regimi simili, fermandosi però rispettivamente al 40% e al 30%. In Cina, il commercio di criptovalute è vietato, frutto di una politica di controllo stringente. Paesi come l’Indonesia e il Vietnam applicano invece aliquote più basse, rispettivamente dello 0,1% e tra lo 0% e il 5%.
Tale varietà è il sintomo dell’assenza di una politica unificata nel continente, che del resto è privo di orgaismi di coordinamento significativi. In tal senso, è indicativo come alcuni paesi, come per esempio l’Arabia Saudita, non dispongano ancora di un quadro normativo chiaro, al fine probabilmente di comprendere migliore le implicazioni economiche delle criptovalute prima di definire regole ufficiali.
Italia
Per quanto riguarda l’Italia, la regola generale prevede un’aliquota fissa fiscale del 26%. Nel nostro paese è tuttavia prevista un’esenzione per le plusvalenze inferiori a quota 2.000 euro. In una delle prime bozze della manovra del 2025 il governo aveva previsto un aumento al 42% della ritenuta da pagare sulla plusvalenza generata dalla vendita di bitcoin e token vari. Diversi protagonisti del settore delle criptovalute scrissero una lettera aperta al governo criticando l’eventuale adozione di nuove misure, poi naufragata anche su proposta della Lega.
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di Alessandro Patella www.wired.it 2025-01-14 16:31:00 ,