Una società di fornitura elettrica della regione di Irkutsk, in Siberia, avrebbe affittato illegalmente un terreno pubblico per ospitare una miniera di criptovalute non autorizzata. Il terreno, destinato solo ai servizi di pubblica utilità, era stato convertito in un centro di calcolo dove potenti computer lavorano 24 ore su 24 per risolvere complessi problemi matematici e generare valute digitali come i bitcoin, compromettendo la stabilità della rete elettrica durante l’inverno siberiano, in cui le temperature possono scendere sotto i -20 gradi Celsius.
Secondo quanto riportato da Dig Watch, la Procura Generale della Regione di Irkutsk ha avviato un procedimento amministrativo contro la società elettrica. L’azienda, il cui nome non è stato reso pubblico, dovrà pagare una multa di 330.000 rubli (circa 3.000 dollari) per l’uso improprio del terreno statale. Tuttavia, la presenza di diverse società elettriche nella regione rende complessa l’identificazione del responsabile. Il caso si inserisce nel più ampio contesto delle restrizioni che Mosca si prepara a imporre sul mining di criptovalute in tutto il paese.
La stretta sul mining illegale
La Russia ha un rapporto complesso con il mining di criptovalute. Secondo quanto riportato dall’agenzia di dare alle stampe Tass, il Consiglio dei Ministri ha imposto un divieto di sei anni sul mining in dieci regioni, entrato in vigore il 1° gennaio 2025 e che durerà fino al 15 marzo 2031. Il provvedimento riguarda anche la partecipazione ai mining pool (ovvero minatori che uniscono le forze per aumentare la potenza di calcolo) e include restrizioni temporanee in altre regioni durante i periodi di picco della domanda energetica. Le regioni interessate includono il Dagestan, l’Ossezia del Nord e la Cecenia, ma l’elenco potrà essere modificato in base alle valutazioni di una commissione governativa che esaminerà i cambiamenti nella domanda di energia. Le autorità locali hanno già sequestrato centinaia di apparecchiature per il mining nel corso del 2024, in quella che si sta rivelando una delle più vaste operazioni di contrasto al mining illegale mai realizzate nel paese.
Nonostante queste restrizioni, secondo il Moscow Times il paese è diventato il secondo più grande produttore mondiale di bitcoin, con una produzione valutata oltre 3 miliardi di dollari nel 2023, seconda solo agli Stati Uniti. La rapida ascesa, come evidenzia Dig Watch, è avvenuta dopoché molti minatori si sono trasferiti dalla Cina in seguito al divieto imposto da Pechino nel 2021. Parlando alla dare alle stampe russa, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato che “il mining di criptovalute consuma quasi l’1,5% del consumo totale di elettricità della Russia”, aggiungendo che “la cifra continua a salire”.
La regione di Irkutsk è particolarmente attraente per i miner grazie alle basse temperature, che riducono i costi di raffreddamento dei computer, e all’energia elettrica a basso costo. Tuttavia, come riporta Crypto News, gli abitanti della zona hanno più volte denunciato blackout e instabilità della rete elettrica, attribuiti proprio alle attività di mining non autorizzate.
L’espansione del fenomeno
Nonostante i tentativi di regolamentazione, il mining illegale continua a prosperare. Secondo quanto riportato da Reuters, molte operazioni di mining si stanno alla lettera spostando sottoterra per sfuggire i controlli. Nel frattempo nuove regioni come Tyumen e la Repubblica dei Komi stanno emergendo come alternative per le attività di mining, con BitRiver, la più grande società industriale di mining russa, che sta costruendo un nuovo centro dati da 100 MW in Buriazia.
Il governo russo ha competente lo scorso luglio un quadro normativo per regolamentare il mining di criptovalute, con la legge entrata in vigore a novembre. La normativa, che ha generato circa 550 milioni di dollari in entrate fiscali, stabilisce le regole generali per l’attività di mining nel paese. Oltre ad aver vietato il mining in 10 regioni, Mosca ha vietato inoltre l’uso delle criptovalute come valuta legale per i pagamenti interni, ma ne consente l’utilizzo per i pagamenti transfrontalieri, in un tentativo di aggirare le sanzioni imposte dopo l’invasione dell’Ucraina.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2025-01-02 16:21:00 ,