AGI – Una bugia le ha salvato la vita e una verità le ha reso l’esistenza piu’ travagliata. Oggi Carla è una donna transgender libera ma con un peso sul cuore. Carla Baffi, 55 anni, romana che vive ad Olbia, era il poliziotto Enzo Giagoni, nome associato a una tragedia, personale e collettiva.
Nell’alluvione provocata in Sardegna dal ciclone Cleopatra il 18 e 19 novembre 2013, Giagoni perse la compagna Patrizia e la figlia Morgana di 18 mesi, travolte da un’onda di fango, mentre tutti e tre erano in auto nel tentativo di rientrare a casa. “Avevo deciso di farla finita quella sera stessa”, racconta Carla all’AGI. “Sono tornata in mezzo al fango. Quando ho capito che non avrei più rivisto Patrizia e Morgana, avevo deciso di lasciarmi andare, facendomi trascinare e inghiottire dai quattro metri d’acqua mista a fango. Poi una persona mi ha detto una bugia facendomi credere di averle recuperato entrambe vive per convincermi ad aggrapparmi al suo braccio. Mi ha mentito, ma mi ha salvato la vita”.
“In tanti hanno pensato che fossi diventata pazza dopo il dolore di quella perdita”
Carla
Enzo era poi tornato in servizio, ma non a lungo: si è congedato definitivamente dalla polizia e ha deciso di manifestarsi per come si era sempre sentito di essere, una donna.
Carla, che ha iniziato il suo percorso di transizione circa un anno e mezzo fa, ha deciso di raccontarsi per fugare ogni dubbio sull’assoluta estraneità del suo percorso di transizione rispetto alla terribile tragedia che gli ha fatto perdere la figlia e la donna che amava: “Quando ho aperto i profili social col nome di Carla, in tanti lo hanno collegato a Enzo e in tanti hanno pensato che fossi diventata pazza dopo il dolore di quella perdita e per questo avessi deciso di diventare donna” spiega, “ma io sono sempre stata Carla, da sempre. La stessa Patrizia era a conoscenza della mia natura. Quando, dopo un lungo percorso, ho cominciato a recuperare un po’ di serenità, ho capito che ero ancora in tempo per essere pienamente me stessa”.
La lunga strada per il cambio di sesso
Da tre mesi Carla ha iniziato la cura ormonale dopo un percorso di un anno e mezzo iniziato al Saifip (Servizio di adeguamento tra identità fisica e identità psichica) del San Camillo Forlanini di Roma, dove è seguita per l’iter di transizione che la porterà agli interventi chirurgici di riassegnazione del sesso.
La sua famiglia di origine la sostiene, non senza qualche difficoltà da parte della madre 90enne a comprendere pienamente il suo percorso: “Lei continua a chiamarmi Enzo, ma con alcuni piccoli gesti mi fa capire che mi ama anche come Carla, come per esempio quando lava con cura i miei abiti femminili. Mia sorella e mio fratello più grandi mi hanno accompagnato al primo appuntamento al San Camillo, le mie sorelle più piccole al momento fanno più difficoltà ad accettarmi completamente”.
Carla Paffi
È consapevole che ci vuole tempo “e ognuno ha diritto al suo”. Questo non la spaventa anche perché la vita sembra averle dato appuntamenti con una nuova nascita altre volte: “Non è stato facile arrivare fino a qui. Soffro della sindrome da abbandono. A due anni, dopo essere stata dimenticata dalla mia madre biologica, sono stata adottata e questo mi ha portato a sviluppare conflitti e contrapposizioni con le donne della mia vita. Inoltre, la disforia di genere mi faceva vedere le donne come depositarie di un dono che io non avevo”.
Due storie importanti e un matrimonio
Carla, nella sua vita da Enzo, oltre a Patrizia, ha avuto altre tre storie importanti, la prima con un matrimonio e una figlia che oggi ha 30 anni: “È finito quando mia figlia Michela ne aveva 18. La mia ex moglie sapeva di Carla, ma il matrimonio e’ finito per altri motivi. Quando 6 mesi fa ho comunicato a Michela di essere Carla, lei mi ha chiesto perché non le avessi detto tutto fin dalla separazione da sua madre, ma non volevo aggiungere un altro peso a una ragazza così giovane che in quel frangente doveva affrontare il dolore dei suoi genitori separati”.
Carla ha sempre rimandato il momento in cui far uscire se stessa pienamente, anche per non ferire le donne con le quali ha avuto delle relazioni: “Temevo di perderle, per questo uccidevo ogni giorno Carla, anche se tutte le mie compagne sapevano della mia natura. Ma proprio perché Patrizia era riuscita ad amare Carla, mi sono convinta che fosse arrivato il momento”.
Credeva, però, di aver perso le possibilità di fare un percorso di piena transizione per motivi anagrafici, fino a quando la scoperta di una pagina Facebook dedicata al mondo transgender, le ha riacceso la speranza: “Ho capito che come me c’erano tante altre persone con disforia di genere che stanno affrontando, e alcune lo avevano già fatto, la transizione anche alla mia età. Con il sostegno di un’amica e la guida della mia psicologa ho trovato il coraggio di iniziare il percorso”.
Ci vorranno ancora poco meno di due anni per poter inoltrare la richiesta al Tribunale del cambio di generalità, ma Carla ora guarda con speranza al futuro: “Sono disoccupata, ho mandato molti curricula, ma la foto con sembianze femminili e il nome maschile creano ancora molta resistenza. Vorrei trovare un’occupazione come donna transgender, perché il mio curriculum con alle spalle trent’anni di servizio nella polizia restano, anche se sono in transizione. Sarebbe la più grande conquista, non solo per me, ma per tutte le persone transgender”.