Anche se sono alle spalle i giorni carichi di veleni per la diffusione degli audio di Silvio Berlusconi l’atmosfera interna a Forza Italia ribolle con esiti ancora tutti da decifrarsi. L’appeasement per la partenza del Governo dove siedono in posizioni di primo piano diversi azzurri non ha sopito (e non avrebbe potuto) i malumori per i bocconi amari ingoiati, soprattutto dall’area del partito più legata personalmente al Cav.
«Disappunto per atteggiamento di Meloni»
Una sofferenza oggi portata allo scoperto, trascorse poche ore dal passaggio di consegne a Palazzo Chigi, da Giorgio Mulè. «Non ci sentiamo sfregiati né umiliati. Ma ha provocato disappunto l’atteggiamento di Giorgia Meloni. Un disappunto esternato dallo stesso Berlusconi, quando ha posto la questione del condizionale e non dell’imperativo da usare nel dialogo fra alleati», attacca il vicepresidente della Camera in un’intervista a Repubblica. «Ci sono state frizioni fra chi si riteneva iscritto a una fazione e chi all’altra. Ma qui non c’è da fare un dibattito, un congresso alla maniera del Pd. Io credo che durante la formazione del governo molti abbiano messo sul tavolo esperienze, storie personali, legittime aspirazioni che sono state trascurate».
Verso le nuove nomine
La prossima partita per la maggioranza è quella della nomina di viceministri e sottosegretari. E qui sarà da capire il punto di caduta nella distribuzione con gli alleati dato che Forza Italia rivendica qualche casella in più rispetto alla Lega. Il leader vorrebbe in particolare veder entrare in squadra Paolo Barelli (all’Interno), Alberto Barachini (all’Editoria), Valentino Valentini (agli Esteri), Francesco Paolo Sisto (alla Giustizia) e Valentina Aprea (all’Istruzione). Tocca poi all’individuzione dei presidenti delle Commissioni, ruoli che nel Parlamento in formato numericamente ridotto si annunciano determinanti ai fini dell’iter dei provvedimenti di più alto valore politico per la maggioranza.
Spinta per eliminare i doppi incarichi
Ma per Forza Italia è da avviare contestualmente il lavoro di rilancio dell’azione del partito. E nelle parole di Mulè si rende visibile in controluce la posta in gioco degli equilibri di forza nella gestione futura del partito. «Una giusta riflessione l’ha avviata Paolo Zangrillo, ponendosi il problema della compatibilità fra il ruolo di ministro e quello di coordinatore in Piemonte. Credo che analogo ragionamento non potrà che fare Tajani, che al ruolo di coordinatore nazionale somma quelli di ministro, vicepremier e probabilmente di capodelegazione di Fi. E lo stesso vale per la neoministra Bernini, che è vicecoordinatrice del partito», dice secco Mulè.
Le registrazioni «vendetta»
«Una vendetta. Magari di chi non è stato eletto». Antonio Tajani, diventato nel mentre ministro degli Esteri, aveva provato a spiegare così la vicenda degli audio di Berlusconi su Putin e l’Ucraina. In parecchi si sono spinti a liquidare il tutto solo a un inciampo che ha solo rallentato (e di poco) la corsa per la nascita dell’esecutivo. Ma al di là delle speculazioni sul regista dell’operazione, l’imbarazzo e il fastidio hanno superato la soglia di sicurezza scatenando la guerra intestina. Con conseguenze di riflesso anche dalle parti di Fratelli d’Italia, che potrebbe far pagare un caro prezzo prima o poi a chi ha messo in dubbio l’atlantismo della coalizione in una fase internazionale fuori dell’ordinario.