La tecnologia di stampa 3D della pugliese Roboze non solo ha contribuito alla vittoria della Ducati nel Campionato MotoGP 2022, ma si appresta a favorire una svolta green senza precedenti. “Da qualche settimana abbiamo messo in vendita il primo bio-polimero ad alte prestazioni del mercato. Un materiale che abbiamo sviluppato internamente che potrebbe abbattere sensibilmente le emissioni di CO2 nel settore”, ci spiega Simone Musso, responsabile dello sviluppo materiali di Roboze.
Per comprendere la portata della novità però bisogna avere un po’ più chiari i perimetri di questo segmento industriale, perché la stampa 3D professionale non ha nulla a che vedere con quella domestica o delle fiere paesane. Si parla di macchinari professionali che partono da circa 30mila euro fino ad arrivare a 250mila euro, almeno nel caso della nota azienda barese. Di solito si realizzano pezzi in stampa 3D, sfruttando materiali plastici di diverso tipo, per sostituire parti in metallo oppure in composito per esigenze di alta customizzazione, leggerezza, alta resistenza meccanica e magari anche resistenza chimica. “I mercati principali per la stampa 3D ad alte prestazioni sono l’aerospaziale per il tuning e la componentistica interna, il motorsport e la mobilità elettrica che hanno bisogno non solo di resistenza ma anche leggerezza, la robotica industriale e il medicale per accessori, protesi esterne e componentistica“, sottolinea Musso.
L’unicità del bio-polimero di Roboze
Scorrere l’elenco dei materiali impiegati nella stampa 3D è un po’ come un viaggio ai confini del polimero, ma in linea di massima si parla di solito di poliammide (PA), ABS, PEEK e compositi fra cui poliammide con fibra di carbonio. Tutto tendenzialmente di derivazione petrolifera. C’è ampia scelta in base al risultato che si vuole ottenere ma è pur sempre stampa 3D basata sull’estrusione di un materiale termoplastico che viene deposto su una superficie: strato dopo strato si crea l’oggetto desiderato.
“Bisogna riconoscere però che in genere è nel ciclo di sostenibilità produttiva del materiale il punto debole. La nostra Bio-based PA derivata dall’olio di ricino ha prestazioni e specifiche simili ai materiali di derivazione petrolifera ma per la sua produzione consente di ridurre del 60% le emissioni di CO2“, puntualizza lo specialista. A conferma che i materiali bio abbattono le emissioni, rispetto a plastiche o fibra di carbonio, si possono consultare uno studio del Nova Institute e lo studio Increased carbon footprint of materials production driven by rise in investments pubblicato su Nature lo scorso anno.
Non solo, il neo-materiale di Roboze può sostituire anche la consueta PA addizionata di fibra di carbonio per componenti molto estremi, grazie all’aggiunta di specifiche fibre naturali. “Non posso svelare l’ulteriore abbattimento di CO2 perché le nostre formule sono segrete, ma assicurare un dettaglio: a fronte di caratteristiche meccaniche di primato otteniamo anche una superficie totalmente liscia nero lucida che valorizza il risultato estetico. Con la comune fibra di carbonio addizionata di solito si ha una rugosità poco gradevole al tatto”, sottolinea Musso. Roboze, che ha presentato la novità durante l’ultima fiera di settore Formnext 2022 di Francoforte, specifica anche che il nuovo materiale offre ottime prestazioni in termini di bassa igroscopicità, di ritenzione delle proprietà meccaniche dopo l’assorbimento dell’acqua, ed eccellente stabilità dimensionale.
Persino il processo di stampa 3D contribuisce alla riduzione delle emissioni in quanto la produzione di componenti può avvenire in camera fredda e con una riduzione delle temperature di estrusione. Nello specifico Musso ricorda che con questo materiale si procede a 225 °C contro i 280 °C dei comuni poliammidi di origine petrolifera rinforzati con fibre di carbonio. Per le aziende clienti si traduce in una conseguente riduzione dei consumi energetici. Infine è bene ricordare che la Bio-based PA è totalmente riciclabile perché sia la carica sia il polimero sono a base naturale e biologica e quindi riciclabili. Un po’ come i piccoli alettoni realizzati per la Ducati: li recuperi, li macini, eventualmente aggiungi altro materiale e se riscaldi il tutto rifonde per essere riutilizzato nuovamente.
Verrebbe da chiedersi se la Bio-based PA sia davvero un unico a livello globale. La risposta è sì perché è vero che nel mondo esistono biomateriali per la stampa 3D ma non per le alte prestazioni. Conclude Mussi:”Ci sono polimeri dell’acido lattico e altre soluzioni bio ma offrono scarse prestazioni chimiche, termiche e meccaniche. Non si possono usare nell’automotive o aerospaziale. Non supportano carichi. In linea di massima il bio-based più diffuso è per parti estetiche non funzionali. Il nostro è un’altra frontiera”. Magari non rosso Ducati, ma sicuramente green.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-12-16 06:10:23 ,
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Il post dal titolo: Dalla Puglia il primo materiale green per la stampa 3D industriale scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-12-16 06:10:23 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue