Orchidee, cactus, funghi. Ma anche uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci, insetti, coralli. Il web è pieno zeppo di marketplace dove comprare flora e fauna. Legalmente, ma non solo: esiste infatti un mondo sommerso in cui fiorisce purtroppo il commercio illegale di piante e animali selvatici – uccelli in via di estinzione, corni di rinoceronte, zanne di elefante, e via bellamente discorrendo. Le conseguenze sugli ecosistemi e sulla biodiversità, naturalmente, sono pessime, come ha appena certificato uno studio a firma di un’équipe di scienziati dello Invasion Science & Wildlife Ecology Group alla University of Adelaide, in Australia, che esaminando 51 marketplace del dark web ha scoperto 153 specie illegalmente in vendita, la maggior parte delle quali ha proprietà stupefacenti e psicoattive. I dettagli sono descritti in un articolo pubblicato sulla rivista People and Nature.
La ricerca
“Abbiamo scoperto – raccontano su The Conversation gli autori del lavoro – oltre 2 milioni di pubblicità di vendita di specie selvatiche pubblicate nei marketplace del web tra il 2014 e il 2020. E poi abbiamo scandagliato questi marketplace usando come parole chiave i nomi di queste specie”. Scoprendo, per l’appunto, 153 specie illegalmente in vendita, la maggior parte delle quali ha un collegamento con il traffico e il consumo di sostanze stupefacenti: c’è, per esempio, il rospo del fiume Colorado, il più grande rospo nativo degli Stati Uniti, la cui pelle secerne una tossina psicoattiva.
“Ci ha sorpreso il fatto che la maggioranza delle specie vengono commercializzate per le loro proprietà stupefacenti – ha detto ad Abc Phil Cassey, uno degli autori – e in particolare per i composti psicoattivi. Tendenzialmente, il rospo del fiume Colorado viene acquistato per essere leccato”. La specie più venduta è risultata essere Mimosa tenuiflora, una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Febacee e originaria dell’America centrale e meridionale, che contiene il Dmt, un allucinogeno potentissimo. E, poi, naturalmente, i funghi: il catalogo ne comprendeva 19 specie, anch’esse tutte con proprietà allucinogene. Oltre che per questo scopo, le specie in vendita nel dark web sono anche usate per preparare composti della medicina tradizionale e per capi di abbigliamento o accessori (per esempio la pelle di serpente, con cui si fanno scarpe, cinture e borse); solo alcune di esse, molto poche, sono commercializzate come animali domestici.
Nessuna protezione
Ma c’è dell’altro. Una sorta di rovescio della medaglia, che gli autori sottolineano con una certa preoccupazione. Ossia il fatto che, rispetto all’enorme numero di specie presenti in natura e a quelle commercializzate (sia legalmente che illegalmente) tramite canali più tradizionali, quelle in vendita nel dark web non siano poi così tante: “Perché i ricettatori di fauna selvatica illegale non usano tanto il dark web? – si chiedono i ricercatori – La risposta è che il commercio di animali avviene principalmente alla luce del sole. Tutto nonostante la cosa sia regolamentata dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (Cites): le regole sono evidentemente poche e insufficienti. A oggi, la Cites protegge meno del 5% delle specie commercializzate. Il numero delle specie commercializzate supera di almeno tre volte quello delle specie regolamentate”. E fino a questo momento, denunciano gli autori, sono stati pochissimi gli sforzi messi in campo per mettere fine a questo mercimonio: nel caso (auspicabile) che le regole diventino più complete e stringenti, lo studio appena pubblicato potrà servire a capire se effettivamente il commercio si sposterà su canali più sotterranei. “Il nostro lavoro – conclude il team – costituisce una base di riferimento per confrontare la composizione e la frequenza del commercio illegale negli anni a venire, e per comprendere se e quanto le regole sono efficaci”. Al momento, sembra, molto poco.
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di Sandro Iannaccone www.wired.it 2023-05-21 05:00:00 ,