Se uno dei protagonisti della storia che racconterai è uno squalo, hai più di un problema da affrontare in partenza. Per esempio, come farlo incontrare con il suo coprotagonista, un bambino di 13 anni di nome Walter, senza che quest’ultimo diventi prelibato cibo per predatori. Ma anche come far muovere agevolmente il grosso pesce in un habitat naturale mentre funge da coscienza per il suo coprotagonista, e che quindi deve avere lo spazio e il tempo per osservarlo. Questa ricerca ha segnato l’esordio alla regia di Davide Gentile, classe 1985, che fino a qui si era misurato con cortometraggi e pochissimi attori, non potenzialmente voraci come quello che incontriamo in Denti da squalo.
Walter è un bambino introverso che ha perso suo padre da poco e vive con la madre, con cui cerca di riappacificarsi mentre tenta di guarire anche il trauma della perdita.
La prima inquadratura del film lo vede sulla spiaggia (con un veloce passaggio sul vero padre del protagonista, Tiziano Menichelli, e poco dopo sul vero padre del regista, Enzo Gentile, intento a leggere il giornale). Poi si vedono la dimora di Walter, lui che si cambia e che sfreccia con la sua bicicletta nella macchia del litorale romano. Arriva davanti a un cancello chiuso, passa attraverso un buco della recinzione e si ritrova in una villa. C’è una bella piscina sulla cui superficie galleggiano molte foglie, Walter si tuffa e quando si volta vede arrivare verso di sé la pinna di uno squalo.
Una lavorazione complessa
«La domanda che ci siamo fatti era come realizzarlo, abbiamo pensato di utilizzare un vero esemplare erbivoro, ma non me la sono sentita. Se ci fosse stato un incidente con il bambino sarebbe stato terribile, uno squalo vero non è controllabile, e forse non ci avrebbero nemmeno assicurati», racconta il regista. «Siamo passati all’idea di costruirlo con l’animatronica, ma non avrebbe funzionato. La soluzione vincente è stata mescolare le tecniche, lavorare in animatronics con la computer grafica. In Italia gli effetti speciali non sono mai stati fatti a quei livelli, e noi dovevamo lavorare come a Hollywood ma senza i loro mezzi. Mi hanno proposto una dimora di produzione molto piccola ed ero in apprensione, invece hanno lavorato molto bene, sapendo che il risultato avrebbe cambiato la loro carriera, oltre che la mia».
Lo squalo ha un ruolo centrale nell’aiutare Walter a crescere, lui va a nutrirlo ogni giorno sfilando soldi dal portafoglio della mamma. Poi ci sono le risorse naturali dei bambini, come la fantasia e l’immaginazione, con cui recupera pezzi di verità e fantastica sulla vita del genitore, ispirato anche dai racconti di alcuni degli amici con cui il padre ha vissuto davvero, e attraverso i quali sagoma la propria personalità in evoluzione.
La piscina è un altro elemento importante della narrazione su cui è stata fatta una lunga ricerca nella fase di pre produzione. «Se avesse avuto una forma rettangolare a livello visivo avrebbe annoiato. Con lo scenografo abbiamo deciso di costruire delle rocce naturali scure, che abbiamo depositato nella piscina dopo averla dipinta di blu scuro. Le foglie ci hanno aiutati, dopo aver girato la prima scena dalla superficie si sono depositate sullo sfondo per poi trasformarsi in muschio».
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di Cristiana Allievi www.wired.it 2023-06-05 08:06:29 ,