Investitori attivisti e irrequieti
Sul settore sotto assedio si aggirano anche investitori attivisti pronti a dare battaglia: Disney è finita nel mirino di Nelson Peltz, che chiede un seggio nel consiglio di amministrazione. Le tensioni hanno di recente rilanciato ipotesi che Disney potrebbe essere anche pronta a dismissioni di attività, quali Espn: Iger ieri ha smentito esplicitamente che la rete sportiva sia in vendita, anche se questa opzione era stata esplorata dalla passata gestione. Ha affermato che non è questa la ragione per cui è stata stata creata un’apposita divisione e che anzi i suoi asset “Proseguono a creare valore” per Disney. Ma Iger, tornato adesso ai vertici dell’azienda che aveva guidato per anni, fa i conti anche con un altro, complesso interrogativo in cerca di risposta nel più lungo periodo: il suo è un incarico ufficialmente di soli due anni, per raddrizzare la rotta, e ha la missione di trovare un successore di nuova generazione.
Decisioni “necessarie”
Le mosse fatte scattare oggi da Iger sono tuttavia volte ad allontanare quantomeno spettri di crisi e di rivolte di azionisti nell’orizzonte più immediato e avviare contemporaneamente Disney su un cammino più sostenibile. “Non ho preso questa decisione con leggerezza”, ha detto Iger durante le conference call sui risultati parlando dei significativi tagli. Ma era “necessaria per affrontare le sfide odierne”. Nel comunicato sul bilancio ha aggiunto che la manovra, intesa a focalizzare il gruppo attorno alla “creatività” mentre riduce le spese, vuole portare a “una sostenuta crescita e redditività nel business dello streaming, ci posizionerà meglio per superare futuri travagli e sfide economiche globali e per portare valore ai nostri azionisti”.
La zavorra dello streaming
Proprio lo streaming, la grande scommessa di Disney degli ultimi anni in un duello con il pioniere Netflix, ha continuato per il momento a rimanere comunque un tallone d’Achille e a scavare perdite: l’attività cosiddetta direct-to-consumer ha portato in dote un passivo operativo di 1,1 miliardi negli ultimi tre mesi del 2022, anche se inferiore agli 1,2 miliardi temuti dagli analisti alla vigilia e agli 1,5 miliardi del trimestre immediatamente precedente. Gli abbonati globali al servizio-bandiera Disney+, che l’azienda aveva cercato di espandere a ogni costo, sono da parte loro calati a 161,8 milioni, scesi per la prima volta dal lancio nel 2019 di 2,4 milioni in seguito a rincari dei prezzi e perdita dei popolari diritti del cricket sul mercato dell’India, pur rimanendo sopra i 161,1 milioni previsti. Iger ha però ribadito un outlook che vede lo streaming in attivo entro la fine dell’anno fiscale 2024, definendo l’obiettivo la sua “priorità numero uno” pur senza voler per questo abbandonare o trascurare la performance dei film al cinema e della televisione lineare tradizionale.
Utili sopra le attese, grazie ai parchi
In generale gli utili del periodo ottobre-dicembre, il primo trimestre fiscale dell’azienda, al netto di alcune voci sono stati pari a 99 centesimi per azione contro i 78 centesimi attesi. Gli utili netti sono lievitati a 1,28 miliardi da 1,1 miliardi l’anno precedente. Il giro d’affari è salito dell’8% a 23,51 miliardi, rispetto ai 23,37 miliardi anticipati. La vecchia divisione Parchi ha trainato la performance dell’intero gruppo, forte di un incremento del 21% delle entrate a 8,7 miliardi. I mercati continueranno ad aspettare al varco risposte dalla performance e dalla nuova ristrutturazione, se basteranno a sciogliere non solo nodi di bilancio ma di strategia per Disney.