A fare le spese di tutto questo, forse anche giustamente, è proprio il protagonista. Già Disney sottilmente faceva passare l’idea che fosse in realtà un insopportabile narcisista, ossessionato dalla propria grandezza e bisognoso dell’ammirazione degli altri per esistere, un vero bambino viziato. Qui Lowery ci aggiunge la demolizione della sua patina eroica e poi la sua ricostruzione. Peter Pan, verrà detto chiaramente ad un certo punto, non è niente senza le donne che lo circondano, senza Campanellino e la sua polvere non può volare, senza Giglio Tigrato non saprebbe gestire i Bimbi sperduti, senza Wendy, che lui va a trovare anche di nascosto, non avrebbe l’aura mitica che gli serve.
Lungo tutto il film Peter dovrà realizzare questo e riconfigurare un proprio ruolo a partire da una maggiore autonomia. Se nella versione di Spielberg un Peter Pan cresciuto doveva ritrovare la sua fanciullezza, qui un Peter Pan bambino deve a suo modo crescere senza crescere, cioè deve smettere di sfruttare quello che gli altri fanno per lui, riconoscere il loro contributo e imparare ad essere autonomo. Non sfugge a nessuno che sia una maniera di evirarlo, cioè di decostruirne la virilità ostentata a favore delle donne che sono sempre stato alla sua ombra, ancora una volta una missione di Disney con questi nuovi film, ma anche qui l’esigenza revisionista è gestita bene per proporre un modello rinnovato di confronto non violento.
Senza fare spoiler una delle novità più interessanti arriva nel finale, quando il tradizionale momento di duello con il cattivo, quello che risolve tutto opponendo le due forze che si sono date battaglie fin dall’inizio in una grande scena risolutiva, che dovrebbe anche essere l’apice drammatico della storia, diventa un momento di compromesso invece che di supremazia. Peter Pan & Wendy sembra affermare indirettamente che esiste una maniera diversa di risolvere i conflitti, una che non sia la solita esigenza di battere l’altro, ma che preveda le abilità di relazione oltre a quelle di lotta per superare i conflitti invece che vincerli. Suona come qualcosa di terribilmente noioso che potrebbe partorire una mamma per bene che vuole insegnare l’educazione ai figli, ma Lowery riesce a dargli un senso e un apice narrativo lo stesso.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-04-28 14:30:00 ,