Il presidente del Consiglio riferisce sui recenti sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina: «Kiev deciderà che pace accettare. Pronti a rafforzare la Nato con mille unità tra Ungheria e Bulgaria»
Giorno 85 della guerra, Mario Draghi parla nell’aula del Senato e il suo primo pensiero è per «la resistenza del popolo ucraino», che ha impedito all’esercito russo di «conquistare vaste aree del Paese in tempi brevi». Un concetto diretto e netto, per dire (a Conte, Salvini, Berlusconi) che l’Italia ha fatto bene a sostenere Kiev anche con l’invio di armi e che continuerà a farlo. La linea non cambia. Il premier lo scolpisce chiudendo l’informativa, dopo aver ringraziato per l’appoggio il Parlamento, la maggioranza e anche il partito di Giorgia Meloni per il sostegno al governo. La risoluzione approvata il primo marzo «ha guidato in modo chiaro, molto chiaro la posizione del governo» e consentito di «tenere alta la pressione sulla Russia anche attraverso le sanzioni» e al tempo stesso di «ricercare la soluzione negoziale». E qui Draghi stoppa la speranza di Conte e di chi, nella Lega e dentro Forza Italia, cerca di convincere Palazzo Chigi a cambiare strategia e interrompere l’invio di aiuti militari: «Il governo continuerà a muoversi nel solco di questa risoluzione» è la replica del premier a chi, cominciando dall’ex premier e leader del M5S, lo accusa di muoversi in solitudine, privo di un mandato del Parlamento. La maggioranza è sul filo del burrone, Conte ha evocato la crisi di governo e Draghi sta bene attento a non forzare, a non far balenare un quarto decreto sull’invio di armi. Ma sfuggire non può e non vuole e così ricorda che «la risoluzione ha impegnato il governo a sostenere Kiev dal punto di vista militare». La linea dunque non cambia ed è quella che Draghi ha illustrato al ritorno da Washington, dopo il bilaterale con il presidente degli Usa nello Studio Ovale: «Per impedire che la crisi umanitaria si aggravi dobbiamo raggiungere prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire i negoziati». E per mettere fine allo scontro interno il capo dell’esecutivo rafforza il concetto: «È la posizione dell’Italia, della Ue e che ho condiviso con Biden».
«Il modello Helsinki»
L’Italia — ha aggiunto Draghi — si muoverà con i partner europei e gli alleati «per ogni possibilità di mediazione», continuando «a fare pressione sulla Russia» anche attraverso le sanzioni decise in sede europea, «perché dobbiamo portare Mosca al tavolo dei negoziati». Certo, servirà anche uno sforzo creativo per arrivare a una conferenza internazionale sul modello di quella di Helsinki», citando quanto detto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. L’Italia — ha ricordato — appoggia con convinzione la richiesta di Finlandia e Svezia di aderire alla Nato: «L’ho potuto confermare anche ieri durante il mio incontro con la premier finlandese Sanna Marin». Parlando, poi, dell’espulsione di 24 diplomatici italiani annunciata ieri da Mosca, ha chiarito che si tratta di «un atto ostile che ricalca decisioni simili» verso altri paesi Ue, ma «è essenziale mantenere comunque canali di dialogo con la federazione russa, è soltanto da questi canali che potrà uscire una soluzione negoziale». Dovrà essere «l’Ucraina a dire quale pace accettare» perché «una pace che non fosse accettatile dall’Ucraina» non sarebbe «una pace». L’attività di deterrenza nei confronti della Russia comprende anche l’intensificarsi delle operazioni dell’Alleanza Atlantica, rafforzando il livello di risposta lungo il fianco orientale — uno sforzo a cui l’Italia contribuisce con 2.500 unità. «Nel medio periodo, siamo pronti a rafforzare ulteriormente il nostro contributo in Ungheria e Bulgaria, rispettivamente con 250 e 750 unità, in linea con l’azione dei nostri alleati».
Gas e sanzioni
Il governo, ha concluso, continuerà a lavorare per accelerare la produzione di energia rinnovabile. Il conflitto ha messo — infatti — in luce «la fragilità della politica energetica degli ultimi anni e resa evidente la necessità di diversificare i fornitori e investire sulle rinnovabili». Le stime del governo — ha annunciato — indicano che potremmo renderci indipendenti dal gas russo nel secondo semestre del 2024. I primi effetti di questo processo si vedranno già alla fine di quest’anno». Quello che serve ora «è una iniziativa condivisa che sblocchi i milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti nel sud ucraina: tutte le parti in causa aprano una parentesi umanitaria per evitare uno scenario che farebbe morire milioni di persone». Infine, un ringraziamento all’ambasciatore Pier Francesco Zazo e a tutto il personale per aver riaperto l’ambasciata in Ucraina, «per lo spirito di servizio, la professionalità e il grande coraggio dimostrato».
19 maggio 2022 (modifica il 19 maggio 2022 | 10:26)
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, 2022-05-19 07:18:26 ,