1 – Quanto è grave la trombosi legata ai vaccini?
Fra le persone colpite, con i dati che abbiamo, sopravvivono 3 su 4. Il rapporto può migliorare se il problema viene riconosciuto in tempo. La trombosi legata al vaccino è infatti rara e atipica. Le terapie per le trombosi normali possono aggravare la situazione. Lo spiega l’Fda americana che martedì, nel sospendere Johnson&Johnson, ha messo in guardia: «La terapia per questa forma specifica di coagulazione del sangue è diversa da quella usata normalmente. Di solito viene usato l’anticoagulante eparina. In questa condizione, l’eparina potrebbe rivelarsi pericolosa».
2 – I pazienti finora hanno avuto le cure più adatte?
Non sempre. Due studi sul New England Journal of Medicine descrivono 11 casi in Germania e Austria e 5 in Norvegia. Alcuni, fra i primi pazienti trattati, hanno avuto eparina e trasfusioni di piastrine (altra terapia non sempre indicata in questi casi). Con il tempo, i medici si sono resi conto che dovevano cambiare cura. «Le trombosi normali si trattano con l’eparina» conferma Pier Mannuccio Mannucci, ematologo dell’università di Milano. «Ma in questo caso i pazienti hanno anche un livello di piastrine estremamente basso. Somministrare eparina rischia di provocare emorragie».
3 – Perché le terapie usate di solito non sono idonee?
Le trombosi legate ai vaccini (per le quali è stato proposto il nome Vitt o vaccine induced immune thrombotic thrombocytopenia) hanno una combinazione di sintomi all’apparenza contraddittoria: presenza di coaguli di sangue (i trombi) ma piastrine spesso vicine allo zero (proprio le piastrine sono responsabili della coagulazione del sangue). C’è solo un’altra forma di trombosi simile alla Vitt, che avviene in rarissimi casi nei pazienti che hanno ricevuto il farmaco eparina e sviluppano una reazione immunitaria anomala contro di essa.
4 – Che meccanismo può provocare le rare trombosi?
Ci sono solo ipotesi: per ora nessuna certezza. «Il fatto che le donne giovani siano le più colpite suggerisce un meccanismo di autoimmunità» spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia. «I problemi di autoimmunità sono infatti concentrati fra le donne di 20-50 anni. Raramente questi disturbi colpiscono al di sopra dei 60 anni. Se questa ipotesi sarà confermata, è ragionevole pensare che chi non ha avuto problemi con la prima dose non dovrebbe averne con il richiamo. Ma i punti da studiare e chiarire restano ancora molti».
5 – In che modo il vaccino può creare danni?
È ignoto. Sappiamo solo che la trombosi dei vaccinati è molto simile a un’altra rara trombosi causata dall’eparina. «Questo farmaco può legarsi a una proteina rilasciata dalle piastrine, che si chiama Pf4» spiega Cossarizza. «Si scatena una reazione immunitaria che porta alla formazione di anticorpi contro Pf4». Nel processo le cellule delle pareti dei vasi sanguigni si danneggiano e si formano trombi. «Qualche componente del vaccino svolge un ruolo simile all’eparina, sempre con la formazione di anticorpi anti Pf4, ma per ora non sappiamo quale sia la molecola responsabile».
6 – Quali sono allora i trattamenti più indicati?
La Società italiana per lo studio di emostasi e trombosi (Siset) ha pubblicato le sue linee guida. Le riassume Mannucci: «I sintomi sono dolore alla testa o alla pancia fortissimi, uniti a disturbi neurologici. Una tac riesce a evidenziare i trombi. Un esame del sangue misura le piastrine, insieme ad altri valori che permettono di fare la diagnosi. Un test ad hoc fa vedere se si sono formati anticorpi contro la proteina Pf4. A quel punto, come cura, si possono usare immunoglobuline e cortisonici. Ma già solo evitare terapie non appropriate può far scendere la mortalità al 5-10% dei casi».