Per Donald Trump un terzo mandato è davvero possibile oppure no? Non si parla d’altro da quando il presidente degli Stati Uniti, nel weekend, ha rilasciato alcune dichiarazioni in un’intervista alla Nbc dove precisava che “ci sarebbe un modo” per aggirare il 22esimo emendamento della Costituzione, ratificato nel 1951, che recita: “Nessuno potrà essere eletto presidente più di due volte”. Ma è davvero possibile aggirare questo paletto come sostiene l’inquilino della Casa Bianca?
Donald Trump, terzo mandato? Le ipotesi sul tavolo
Se ne sta discutendo molto e le ipotesi, secondo gli esperti del settore potrebbero essere sostanzialmente tre. La prima vede la corsa per la presidenza di J.D. Vance, con Trump come suo vice. In caso di vittoria il primo si dovrebbe poi dimettere e il tycoon prenderebbe il suo posto, diventando così presidente aggirando la parola “eletto”. Diventerebbe quindi il numero uno alla Casa Bianca passando dalla carica di vice. Qui però l’ostacolo è rappresentato da un altro emendamento, il dodicesimo, che specifica che chi non può essere presidente non può nemmeno essere vice. L’altra ipotesi sul tavolo prevede che Vance si candidi insieme a un altro vicepresidente. A elezioni vinte, il vice si dovrebbe dimettere e a quel punto Vance potrebbe nominare al suo posto Trump, con l’ok del Senato. Qui si aggirerebbero proprio anche le possibili interpretazioni sfavorevoli del dodicesimo emendamento.
La via più difficile sarebbe invece quella della riforma costituzionale: “Non è facile ma nemmeno impossibile – spiega Marco Sioli, professore associato di Storia e politica americana alla Statale di Milano e autore del libro “American Golem” – Dovrebbe trovare i voti dei due terzi delle Camere e l’assenso dei 3/4 degli Stati. Trump però non ha abbastanza voti al Congresso e nei parlamenti statali, soprattutto di alcuni stati. Basti pensare a quelli del New England, soprattutto per le sue politiche anti-canadesi, con i cartelli delle proteste che hanno fatto il giro del mondo e che recitavano ‘Nessuno ha votato per Elon Musk’ o quelli in Vermont, dove al passaggio della macchina del vicepresidente Vance c’era chi diceva ‘Vai a sciare in Russia’”. Va notato che il Vermont è lo Stato del senatore socialista Bernie Sanders, acerrimo oppositore di Trump.
Solo una sparata o una strategia di comunicazione?
E se c’è chi l’ha preso davvero sul serio, interpellando il gotha del diritto americano per capire come potrebbe aggirare il divieto del terzo mandato, c’è anche chi la ritiene un’arma di distrazione di massa dall’imbarazzante falla nella sicurezza, dopo il caso del caporedattore del The Atlantic, Jeffrey Goldberg, inserito a sua insaputa in una chat (però in uno dei social più antisistema al momento esistenti, Signal) dove venivano scambiate informazioni che definire delicate sarebbe un eufemismo, come ad esempio i messaggi sugli attacchi in Yemen prima che avvenissero (l’cura aveva invece detto che non si trattava di informazioni classificate): “Lui gioca molto a spostare l’attenzione, tira il sasso nello stagno e poi ritira la mano – aggiunge Sioli – Porta avanti una narrazione arrogante estrema, tipica degli uomini d’affari, usata per imporre le proprie regole a tutti i costi. Da qui l’esaltazione dei ricchi e dell’idea di oligarchia, che passa attraverso anche le idee più impensabili. Una su tutte, la proposta di una deputata repubblicana della Florida, Anna Paulina Luna, che chiede venga scolpito anche il viso di Trump sul monte Rushmore, accanto a quelli di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln”.
Un’arma di distrazione di massa che potrebbe essere il sintomo della paura di non riuscire a mantenere lo stesso consenso nelle elezioni di midterm: “Forse non basterà più unire i tratti più oscuri del populismo e l’idea stessa di essere dalla parte della ragione grazie anche alla religione – conclude il professore della Statale – Le proteste per i tagli alla social security si fanno sentire, l’svalutazione è cresciuta e una larga fetta della cittadinanza americana lavora per pagarsi le bollette. Una pizza fuori casa è arrivata a esigere 50 dollari. Ricordiamoci inoltre che non avere più un lavoro negli Stati Uniti vuol dire anche perdere l’assistenza sanitaria. Senza contare che le 11 milioni di persone immigrate regolarmente negli Usa si stanno nascondendo perché hanno paura di essere deportate. Ma gli immigrati sono sempre stati la forza dell’America e ora nei ristoranti non c’è più un cuoco”.
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di Simona Buscaglia www.wired.it 2025-04-01 14:46:00 ,