Donne, perché l’industria tech non è un posto sicuro

Donne, perché l’industria tech non è un posto sicuro

Donne, perché l’industria tech non è un posto sicuro


A metà novembre Microsoft ha annunciato un aggiornamento delle policy di contrasto alle molestie sessuali in azienda. L’iniziativa è nata a seguito della segnalazione, risalente al 2019,  di un comportamento inappropriato dello stesso inventore Bill Gates nei confronti di una dipendente. A giugno di quest’anno, inoltre, due dirigenti sono stati accusati di aver mostratoporno in realtà virtuale” ad alcune colleghe. È  stato pubblicato un report di più di cinquanta pagine che fa luce sulla questione, commissionato dalla stessa Microsoft, ma compilato da osservatori indipendenti.  

Il processo di revisione ha avuto inizio nel 2021, su spinta del consiglio di amministrazione, ed è risultato in un impegno pubblico della società  a migliorare la trasparenza, aumentare la formazione e la consapevolezza dei dirigenti sul tema della violenza di genere e promuovere la leadership femminile in modo più efficace. Tuttavia, alcuni hanno giudicato l’iniziativa poco incisiva. “La mancanza di dettagli o di un vero e proprio esame approfondito degli eventi è particolarmente degna di nota, dato che si tratta di un processo iniziato due anni fa”, ha scritto Kyle Barr su Gizmodo.

Un mosaico di storie 

Non è la prima volta che a un’azienda tech è richiesto di prendersi pubblicamente le proprie responsabilità a fronte del sessismo presente negli ambienti di lavoro. Il caso più noto è forse quello di Uber: nel 2017 l’ingegnera Susan Fowler ha denunciato la cultura di violenza e molestie che le lavoratrici subivano in azienda, e soprattutto l’omertà con cui si scontravano quando provavano a portare alla luce le loro esperienze. Quando un superiore ha fatto a Fowler una proposta di natura sessuale e lei ha segnalato l’episodio alle risorse umane, si è sentita rispondere che la persona in questione aveva una “performance lavorativa eccellente e che probabilmente aveva solo commesso un errore

Le sono state date due scelte: cambiare team per non avere più a che fare con il manager che l’aveva molestata, oppure restare e rassegnarsi al fatto che lui avrebbe dato senza dubbio una valutazione negativa al suo lavoro. Iniziando a confrontarsi con le colleghe, Fowler ha fatto emergere un vero e proprio vespaio: tantissime persone avevano avuto un’esperienza uguale o simile alla sua. Lo scandalo è culminato con l’allontanamento dell’ex amministratore delegato Travis Kalanick e con il pagamento di circa quattro milioni di dollari a un fondo destinato alle dipendenti coinvolte (che, per gli standard della Silicon Valley, sono pochissimi). 

Nel 2018 un articolo del New York Times ha raccontato come Google proteggesse i manager accusati di comportamenti inappropriati dando loro la possibilità di restare in organico oppure di dare le dimissioni senza subire conseguenze. I dipendenti di venti uffici in tutto il mondo hanno abbandonato il luogo di lavoro per protesta. In seguito all’episodio, Google ha cambiato le sue policy rispetto alla gestione delle molestie sessuali: ha infatti cancellato l’obbligo di discutere dei casi in sede di arbitrato privato, dando la possibilità alle vittime di rivolgersi a un tribunale. Facebook e Microsoft ne hanno dopo poco seguito l’esempio. 



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di Irene Doda www.wired.it 2022-11-24 06:00:00 ,

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