AGI – La Torre dei Modenesi, a Finale Emilia, spaccata in due ma rimasta in piedi quasi per miracolo per poi sbriciolarsi completamente qualche ora dopo (la foto fece il giro del mondo). Il parroco di Rovereto sulla Secchia (Modena) che rischò e perse la vita in chiesa per mettere al sicuro una statua della Madonna. E l’operaio schiacciato dalle travi nel capannone durante il turno notturno di lavoro.
Storie e immagini di sangue e macerie. Per il decennale del terremoto che nel 2012 squarciò l’Emilia – 28 decessi e 300 feriti e oltre 12 miliardi di euro di danni complessivi – il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è atteso venerdì 20 nei luoghi più colpiti – dopo una prima visita al cratere sismico nel 2017 – a Medolla e Finale Emilia, diventati anche simbolo della rinascita.
Il decennale del sisma segna anche un traguardo importante: la ricostruzione è quasi completata (ha raggiunto oltre il 95%, rimangono da sistemare alcune chiese ed edifici pubblici). “Il modello Emilia” ha fatto scuola. Ma i decessi rimangono e i ricordi non si cancellano.
La terra tremò per la prima volta alle 4.03 del 20 maggio 2012: 5,9 gradi Richter a una profondità di 6,3 chilometri. L’epicentro fu proprio a Finale Emilia, in provincia di Modena. La scossa fu avvertita in tutta l’Italia centro-settentrionale ma anche Oltralpe in Svizzera, Slovenia, Croazia, Austria, Francia sud-orientale e della Germania meridionale.
Neanche il tempo di raccogliere le forze e arrivò una seconda scarica appena nove giorni dopo, il 29 maggio: questa volta alle 9 del mattino, magnitudo di 5,8 ad una profondità di 10,2 chilometri. Con epicentro nella zona di Medolla e Cavezzo, sempre nel Modenese. Praticamente due colpi da ko. La tempesta perfetta sull’Emilia: 28 decessi e 300 feriti, il bilancio finale. Il cosiddetto ‘cratere’ comprendeva 59 Comuni colpiti nelle province di Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia per complessivi 550 mila abitanti (esclusi i 4 capoluoghi).
Furono evacuate 19 mila famiglie per 45 mila sfollati totali e sgomberati 14mila edifici. I danni complessivi del terremoto in Emilia sono stati pari a 12,2 miliardi di euro, 66 mila le imprese colpite. Pievi e chiese distrutte, fabbriche, capannoni e abitazioni crollate: in tutto il sisma fece 656 mila tonnellate di macerie.
Il terremoto coinvolse anche 70 mila ragazzi costretti ad abbandonare le 570 scuole dichiarate inagibili. Danni anche a 27 biblioteche e 33 teatri. Un colpo al cuore per un territorio che nel 2012 era in termini di crescita una delle locomotive d’Italia perché produceva il 2% del pil nazionale.
Ma poi parti’ la macchina della ricostruzione guidata dall’allora presidente della Regione, Vasco Errani e conclusa dall’attuale governatore, Stefano Bonaccini. Una rinascita che non si è mai interrotta neanche durante gli anni della pandemia.
Nel vuoto di normativa Errani riuscì a creare una prima cornice per dirigere prima l’emergenza e poi la ricostruzione. Fissando delle priorità. Prima la scuola (con la sistemazione degli istituti danneggiati), poi il lavoro (fondi per le imprese danneggiate), le abitazioni (con il rientro graduale degli sfollati nelle loro case), i centri di culto e i luoghi di aggregazione. Istituzioni (locali e nazionali), associazioni e società civile insieme per un obiettivo comune.
Senza dimenticare la solidarietà arrivata da tutta Italia. Si mobilitarono anche gli artisti: il “Concerto per l’Emilia” del 25 giugno 2012, allo stadio Dall’Ara di Bologna, organizzato dal gruppo dei Nomadi, vide 17 artisti esibirsi sul palco. Ecco il cosiddetto “modello Emilia”. Una terra che dopo 10 anni la sua battaglia l’ha vinta.