Ora Sogin nella fase di selezione dell’area dove collocare l’impianto. Il 5 gennaio 2021, a a dieci anni dal decreto di incarico, cinque dalla prima bozza e a quasi due dall’ultima revisione, la spa pubblica ha pubblicato la mappa delle aree che, potenzialmente, hanno le carte in regole per ospitare il deposito nazionale. Sono 67, dislocate tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Dodici in particolare, tra le province di Torino, Alessandria e Viterbo, rispondono a pieni voti ai criteri. Dopo la diffusione del documento, accolto da un coro di no delle comunità locali, si sono svolti incontri per approfondire la situazione di ciascun sito.
A valle di questo processo, Sogin ha compilato la Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). Il 15 marzo 2022 l’ha consegnata all’allora ministero della Transizione ecologica (oggi dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Mase). Che due giorni dopo l’ha spedita all’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), la nuova autorità che sorveglia l’atomo a novembre che subisce pesanti carenze di staff. L’Isin restituisce la Cnai a novembre 2022 con alcune osservazione, che il Mase trasmette il 2 gennaio 2023 a Sogin perché intervenga sulla Cnai. A Wired, Sogin ha detto che la Cnai aggiornata è “in via di finalizzazione e verrà trasmessa al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica nelle prossime settimane”.
Toccherà poi al ministro Gilberto Pichetto Fratin decidere quando pubblicare la carta. E avviare a quel punto le trattative con uno dei siti identificati, pur di scongiurare l’extrema ratio: la scelta di imperio del ministero. Tuttavia, siccome i territori più papabili si sono già espressi contro (e sono bacini elettorali di Lega e Fratelli d’Italia), la partita si complica. Se nel 2022 il predecessore di Pichetto Fratin, Roberto Cingolani, calcolava al 2029 l’entrata in esercizio del deposito nucleare, gli ultimi dodici mesi rischiano di far slittare ulteriormente la consegna. Ben oltre la data con l’Italia si era impegnata a riprendersi le scorie non solo dalla Francia, ma anche dal Regno Unito (dove ne abbiamo spedite 1.630 tonnellate).
Fine del commissariamento?
Il prossimo 20 luglio scade il mandato della commissaria Fiamma Spena e dei vice, Angela Bracco e Giuseppe Maresca. Il trio era stato nominato per accelerare i lavori di Sogin e non ha ottenuto il risultato. Difficile immaginare una proroga. Spetta al governo selezionare i nuovi vertici, benché quella di Sogin non sia una poltrona che fa gola. Nemmeno a un esecutivo che a parola vuole tornare al nucleare: prima dovrebbe dimostrare di sapere gestire il dossier scorie, scegliendo di localizzare il deposito.
Gli appalti da rifare
Ma oltre al deposito nazionale, ci sono altre grane ad attendere i futuri occupanti dei piani alti dell’azienda. Il 5 aprile Sogin ha pubblicato il bando per scegliere la nuova azienda a cui affidare i lavori del Cemex, l’impianto che serve a mescolare i liquidi radioattivi al cemento per solidificare le scorie in blocchi nell’ex impianto nucleare dell’Eurex, a Saluggia (tra Torino e Vercelli). Valore: 151 milioni di euro per tre anni di operazioni.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2023-04-27 05:00:00 ,