«Con Matteo non ci sono due linee. Al massimo, sensibilità diverse. Amando le metafore calcistiche, direi che in una squadra c’è chi è chiamato a fare gol e chi è chiamato a difendere»
«Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale». Secondo il ministro leghista dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, come raccontato a Bruno Vespa per il libro «Perché Mussolini rovinò l’Italia (e perché Draghi la sta risanando)» in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai Libri, sarebbe possibile. «Già nell’autunno del 2020 le dissi», dichiara Giorgetti a Vespa, «che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi». E il governo? «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo
de facto».
Il rapporto con Salvini
Giorgetti poi parla di Matteo Salvini. Con lui «non ci sono due linee. Al massimo, sensibilità diverse. Amando le metafore calcistiche, direi che in una squadra c’è chi è chiamato a fare gol e chi è chiamato a difendere. Io, per esempio, ho sempre amato Andrea Pirlo. Qualcuno deve segnare, qualcuno deve fare gli assist». Quando Vespa gli ricorda che in una intervista alla Stampa aveva sepolto con una settimana di anticipo i candidati del centrodestra, Giorgetti replica che l’intervista «è uscita così perché non avevamo rivisto le bozze. Ho ricevuto rimproveri e complimenti per cose che non sapevo di aver detto [ride]. E, comunque, sono cose che molti pensano e che nessuno dice».
Le alleanze europee
Sempre a proposito del leader della Lega, Giorgetti spiega che «se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo, Salvini deve fare una scelta precisa.
Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo gruppo. Ma l’alleanza con l’Afd non ha una ragione». A chi gli chiede se «Salvini la svolta europeista l’ha fatta?», l’esponente leghista risponde dicendo: «È un’incompiuta. Ha certamente cambiato linguaggio. Ma qualche volta dice alcune cose e ne fa altre. Può fare cose decisive e non le fa». Il cammino verso il Partito popolare europeo è ancora lento, osserva Vespa «è un’ipotesi che regge se la Cdu non si sposta a sinistra. Armin Laschet, il candidato sconfitto alle elezioni, è un’espressione della nomenklatura del partito. C’è fermento, gli elettori chiedono una partecipazione dal basso, ci si aspetta che si guardi a destra più che a sinistra. La Cdu deve ricrearsi una natura liberale, moderata e conservatrice. Anche guardando al Partito popolare europeo». Giorgetti ha in mente una Lega nel Ppe, «perché io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto».
2 novembre 2021 (modifica il 2 novembre 2021 | 15:10)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Franco Stefanoni , 2021-11-02 12:21:08
www.corriere.it