Dustborn è innegabilmente uno dei titoli che più riesce nell’incuriosire ed attrarre. Complice un’estetica dallo stile “fumettoso” decisamente peculiare e le sue diverse sfaccettature in termini di gameplay, l’ultimo lavoro di Red Thread Games è un mix di diversi generi, ma non è nessuno di questi: è unico, caotico e ricco.
We’re Dustborn!
Il nostro viaggio insieme a Pax, Sai, Theo e Noam ha inizio a Pacifica, dove decideremo di lasciarci alle spalle una vita fatta di espedienti per un viaggio on the road e la speranza di un futuro migliore rispetto al nostro presente, in questa versione distopica (ma neanche smoderatamente, ahimé) versione degli USA, nel gioco rinominati “Republic of America”.
La Repubblica è ormai a tutti gli effetti uno stato militare governata col pugno di ferro dalla “Giustizia”, una forza di sicurezza interna federale degli Stati Uniti originariamente creata -in questa realtà parallela di Dustborn- da John F. Kennedy dopo l’assassinio di sua moglie, Jackie. Inizialmente istituita per promuovere una società focalizzata sulla giustizia riparativa, ha preso una svolta neofascista decenni una volta che JFK lasciò l’incarico.
Il fattore che scatena più di tutti la necessità di libertà da questo sistema oppressivo nei nostri protagonisti è che tutti quanti sono “Anomalie”, soggetti unici in grado di controllare le proprie parole e convertirle in poteri di ogni tipo. Perseguitati per un potere che non hanno abile di avere, Pax ed i suoi amici si avventurano in questo viaggio on the road come band punk-rock a copertura del loro reale obiettivo: consegnare un misterioso oggetto oltre i confini della Repubblica e trovare la libertà.
Nell’arco del loro viaggio, che diventerà un’occasione di crescita personale per ognuno dei protagonisti, entreremo in contatto con numerosi altri personaggi, ognuno di essi con storie personali uniche ed intriganti. Ogni interazione che avremo sia con i nostri amici che con le persone che incontreremo lungo il cammino va ponderata, perché ogni nostra risposta o provocazione avrà delle conseguenze sul finale.
Dustborn non è dunque solo un road game story-driven, è un multistrato di situazioni, sensazioni ed emozioni. Riesce a comunicare in maniera diretta ai giocatori, perdendosi talvolta in pensieri e paranoie dei protagonisti, spingendoci ad affezionarci a loro quanto ad infastidirci per i loro comportamenti, come fossimo parte integrante del viaggio.
Tanti generi in uno
Come anticipato poc’anzi, Dustborn è un po’ un mix di diversi generi. Il lato story-driven la fa sicuramente da padrone, strutturando tappa dopo tappa quella che è la nostra storia in un vero e proprio fumetto che possiamo liberamente leggere quanto e quando vogliamo.
Pax & co utilizzano come copertura per questo viaggio di contrabbando il fatto di essere una band punk rock, perciò ci troveremo spesso a comporre, comprovare e suonare davanti ad un pubblico i nostri pezzi, aggiungendo quindi anche la componente rythm game all’equazione.
Vuoi poi non arricchire il gameplay con un po’ di sane botte? La Voce andrà pure utilizzata in maniera pro-attiva. Avremo dunque a che fare spesso con nemici di ogni tipo: dagli sbirri alle gang di strada che ricordano un mix tra Borderlands e Mad Max, faremo volare la nostra mazza ed alzeremo la nostra voce in diverse situazioni. Non ci troveremo mai di fronte a scontri particolarmente ostici, soprattutto considerando che l’IA nemica non brilla per furbizia o aggressività, ma queste situazioni più action aiutano nel mantenere un ritmo acceso e frenetico.
Dustborn, un comparto tecnico sul pezzo
Dustborn non è un titolo che richiede chissà quale build per essere giocato su PC, ciò nonostante gli sviluppatori di Red Thread Games sono riusciti a impacchettare un prodotto eccezionale sotto il profilo artistico e solido sotto il profilo tecnico.
Come anticipato nella nostra anteprima, Dustborn si presenta con una palette di colori vivida e intensa, cromaticamente sempre equilibrata. Ogni ambientazione è unica nel suo genere e riesce nell’intento di rendersi memorabile. Non abbiamo infatti scorto alcun tipo di ripetizione negli ambienti, tutti studiati minuziosamente e ricchi di dettagli.
Questo vale anche per i protagonisti: pensati, disegnati e sviluppati in maniera decisamente unica. Ognuno dei protagonisti esibizione delle peculiarità singolari sia estetiche, che nella scelta del look che rispecchia a pieno le loro diverse personalità. Il gioco stesso ci tiene a sottolinearne l’unicità già nel panel di presentazione di ognuno di essi, in puro stile fumettistico.
Il comparto sonoro è poi la ciliegina sulla torta che è Dustborn. Essendo un titolo che include una forte componente rythm era fondamentale proporre un buon set di pezzi in grado di arricchire l’esperienza e in questo Red Thread Games ha decisamente fatto centro: ogni pezzo è piacevole da ascoltare più e più volte, i testi esprimono la rabbia di una generazione costretta a sottostare ad un sistema fascista, le difficoltà nell’essere degli outsiders in questa società e i sentimenti contrastanti che tutto ciò può generare.
Conclusioni
Concludendo, Dustborn non ha disatteso le aspettative. Si tratta di un titolo davvero ricco in termini di trama e gameplay, nell’arco del quale sono numerosissimi i temi attuali che vengono trattati: dai disturbi mentali, ai sentimenti, passando per concetti politici e richiami (allarmanti) a quella che è la nostra società attuale. Dustborn si propone dunque come una bella ventata d’aria fresca, attuale, drammatico ma anche divertente e colmo di colpi di scena, offrendo un gameplay variegato, diversificato e ricco di mini-game e situazioni decisamente assurde, a rispecchiare in pieno una società distopica allucinante. Le fasi action sono le uniche a mostrare alcune debolezze in termini di IA e hitbox non sempre precise, un fattore che comunque non arreca particolari fastidi.
L’articolo Dustborn, la recensione di un road game distopico e decisamente unico proviene da Il Fatto Quotidiano.
Source link
di Michela Sizzi
www.ilfattoquotidiano.it
2024-08-20 10:37:04 ,