E non bisogna dimenticare il business rappresentato dalla ricostruzione sul territorio ucraino occupato: “Nel primo semestre dell’anno, sono stati costruiti 20 blocchi di appartamenti e ne sono stati restaurati oltre 2000. Più di 150 edifici pubblici, oltre a più di 1000 oggetti residenziali e comunitari. I contractor federali hanno ripristinato 260 chilometri di strade“, ha dichiarato di recente il Vice Primo Ministro Marat Khusnullin. Mentre la controffensiva ucraina procede lentamente, intere città e centinaia di villaggi un tempo controllati da Kyiv vengono “russificati” e connessi al network economico di Mosca.
Keynesismo di guerra
Osservando tutti questi sviluppi, possiamo vedere come ci sia una certa logica coerente e perversa nel piano per una “guerra eterna” di Putin, concetto che il parlamento russo ha recentemente istituzionalizzato attraverso le leggi sulla mobilitazione, rendendola sempre presente nella vita quotidiana. Quello che sta prendendo forma in Russa si può definire, in termini scientifici, qualcosa che assomiglia a una forma di keynesismo di guerra: milioni di russi, che sono stati mobilitati per combattere in Ucraina, impiegati nella ricostruzione o nell’industria militare, o partecipanti alla soppressione delle rivolte nei territori occupati e in patria, sono diventati beneficiari diretti della guerra.
Questo implica l’emergere di un circolo virtuoso – o tragico, per gli ucraini – che nella Russia austeritaria e neoliberista degli anni precedenti alla guerra non esisteva. Per lo meno, non in queste dimensioni. Una redistribuzione delle risorse statali attraverso lo sforzo militare, all’interno di una società tradizionalmente passivizzata come quella russa – potrebbe può creare una nuova base di consenso più attivo e consapevole per il Cremlino, legato a interessi vivi e materiali.
Un quadro che spicca per divergenza dal suo nemico più prossimo: sotto l’estrema pressione dell’invasione russa, il governo ucraino ha adottato, al contrario, una politica di riduzione dell’influenza statale in vari settori dell’economia, piuttosto che utilizzare i poteri dello stato per sfruttare le risorse del paese a servizio dello sforzo bellico contro la Russia, secondo un recente rapporto di Luke Cooper presso la London School of Economics (LSE). Se in Russia i sindacati e i lavoratori non fanno salti di gioia, in Ucraina sono soggetti in questi mesi a una brutale deregulation e liberalizzazione dell’economia, il che potrebbe rappresentare un test importante anche dal punto di vista ideologico con il Cremlino.
Se i calcoli di Putin si riveleranno esatti e il suo keynesismo di guerra consentirà alla Russia di sostenere conflitto prolungato, mentre il sostegno occidentale all’Ucraina dovesse prosciugarsi e il modello economico di Kyiv rivelarsi un pessimo affare per gli ucraini, il rischio è quello di vedere premiato l’azzardo del Cremlino premiato non solo dal punto di vista militare, ma anche dal punto di vista politico.
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di Paolo Mossetti www.wired.it 2023-08-06 05:00:00 ,