Ecco chi è la 90enne che sfida Trump alla Corte Suprema Usa

Ecco chi è la 90enne che sfida Trump alla Corte Suprema Usa



«Vinco o perdo, sono comunque felice di averlo fatto». Giovedì 8 febbraio si terrà l’udienza per la causa Anderson contro Trump davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti e la ricorrente Norma Anderson, 91 anni, è di buon umore. È lei la donna che assieme ad altri tre repubblicani e due indipendenti in Colorado ha fatto causa a Donald Trump per escluderlo come candidato alle primarie presidenziali in base al 14esimo emendamento che vieta le cariche pubbliche a funzionari coinvolti in un’insurrezione. L’insurrezione è naturalmente quella del 6 gennaio 2021 quando un gruppo di facinorosi aizzati da Trump assaltò Capitol Hill per contestare il risultato elettorale e la vittoria di Joe Biden.

La decisione della Corte Suprema sulla eleggibilità di Trump farà da precedente per tutte le altre cause pendenti in vari Stati. La posta in gioco è quindi alta e la signora Anderson lo sa mentre viene intervistata dal Washington Post e dai tanti giornalisti che hanno fatto richiesta dalla Germania al Giappone. Lei, una copia della Costituzione in borsa e un’altra sul tavolo della stanza da pranzo, ha un curriculum inattaccabile, da sempre repubblicana, è stata per 19 anni deputata del Colorado e la prima donna a guidare entrambe le camere dell’assemblea quando il suo partito era in maggioranza.

Iscritta al GOP da quando era al college, non ha sempre seguito la rigida disciplina di partito, rifiutò di votare una legge che proibiva i matrimoni dello stesso sesso e non volle sostenere una legge che richiedeva ai bambini a scuola di recitare versi patriottici di fedeltà alla bandiera. Ha abbandonato improvvisamente il Senato nel 2006, un anno prima della scadenza, perché secondo lei il partito aveva iniziato a interessarsi troppo della vita privata delle persone. Non ha mai votato Trump, dopo un breve periodo in cui ha abbandonato il partito, si è iscritta di nuovo, ora è registrata come indipendente. Il 6 gennaio 2021 ha cambiato tutto. «Vedere qualcuno che cercava di ribaltare un’elezione. Ero scioccata. Sono abbastanza vecchia da aver visto la Depressione, la seconda guerra mondiale, altre due guerre, recessioni, tempi buoni, tempi cattivi e molti presidenti ma non ho mai visto quello che è successo il 6 gennaio» dice la signora Anderson. «Se non è quella un’insurrezione non so quale lo sia”. Ancora: «Trump voleva ribaltare l’elezione e essere il re. Lui vuole essere come Putin, vuole avere il controllo totale. Per fortuna il vicepresidente ha mantenuto la sua posizione sulla Costituzione. Ammiro Pence per questo». Dice anche che è preoccupata per la democrazia americana e che il «nostro voto è la nostra democrazia» e questo non è negoziabile.

Un’altra ricorrente, Krista Kafer, 53 anni, un’opinionista conservatrice di Denver che ha passato decenni nel partito repubblicano, considera Trump personalmente «spregevole» ma lo ha votato nel 2020 e si dice d’accordo con le sue politiche negli anni della presidenza. Poi però c’è stata l’insurrezione del 6 gennaio con il rifiuto di concedere la vittoria e la sua «teoria cospiratoria piena zeppa di bugie e insinuazioni che hanno messo in pericolo chi ha lavorato all’elezione, e poi il Congresso, i membri del Congresso, i loro staff e la polizia», dice a Reuters la signora Kafer, che è stata insultata in vari modi (nazista, comunista, satanista, repubblicana solo di nome), e ora teme per la sua sicurezza e per quella degli altri ricorrenti. Che sono un ex membro repubblicano del Congresso del Rhode Island che ora vive in Colorado, un insegnante, un ex vice capo dello staff di un governatore repubblicano, un ex direttore esecutivo del Boys & Girls Clubs di Larimer County.

Nella causa, coadiuvata dall’avvocato conservatore Mario Nicolais, non sono state mostrate solo le foto delle persone che hanno attaccato il Campidoglio ma sono state descritte nel dettaglio le azioni di Trump prima, durante e dopo l’assalto: «Il presidente Trump è stato il leader di quella mobilitazione e quella mobilitazione è stata la sua arma». La causa è portata avanti anche dal Citizen for Responsability and Ethics in Washington (CREW), un gruppo di attivisti che ha già fatto escludere un funzionario del New Mexico per aver partecipato all’attacco al Campidoglio.



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