Da una parte ci sono le necessità poste dai cambiamenti sociali, come il fenomeno di urbanizzazione, la crescita del numero di persone che preferiscono il possesso dei beni alla proprietà degli stessi e la lotta al cambiamento climatico. Dall’altra le nuove tecnologie che oggi consentono di sviluppare servizi inimmaginabili anche soltanto pochi anni. L’evoluzione della mobilità è all’intersezione di queste due forze.
L’approdo della guida autonoma
“Oggi si parla molto di autoveicoli a guida autonoma: si tratta dell’approdo indubbiamente più affascinante tra i cambiamenti in atto, ma è forse anche quello più lontano nel tempo. Ci sono altre evoluzioni che vanno già assumendo una certa consistenza e sono destinate a rafforzarsi ulteriormente”, ricorda Fabrizio Zerbini, professore della Sda Bocconi, dove dirige il centro di ricerca mobiuS dedicato alla mobilità smart e sostenibile.
Sul fronte dell’autonomous driving, l’entusiasmo si è un po’ raffreddato rispetto a qualche tempo fa, preso atto che vi sono diverse questioni ancora aperte. Occorre che si realizzino le necessarie innovazioni normative, superare gli ostacoli tecnologici relativi al funzionamento dei software installati sui veicoli (garantire la sicurezza nelle città si sta rivelando più complesso del previsto), chiarire alcune questioni legate alla privacy e poi c’è il tema dei ritardi della componentistica che riguarda tutto il comparto automotive. Ma in ogni caso l’evoluzione prosegue e non si torna indietro, anche con sviluppi importanti sul fronte dell’Iot (dall’acronimo inglese Internet of things), che sta a indicare le tecnologie in grado di connettere gli oggetti tra loro, come i sensori delle auto con quelli dei semafori, e poi di far dialogare i veicoli con le infrastrutture esistenti.
La mobilità va sempre più verso un cambio di paradigma per cui l’oggetto del trasporto non è più concepito come semplice proprietà personale ma come vero e proprio servizio, favorendo così la diffusione del cosiddetto mobility as a service.
La mobilità condivisa
Laddove sono già stati compiuti passi in avanti importanti è sul fronte dell’alternativa ai motori a propulsione termica, considerato che i trasporti sono tra i principali artefici dell’inquinamento. Nel 2021 le auto elettriche in circolazione sulle strade italiane sono raddoppiate rispetto al 2020, arrivando a valere il 9,4% del mercato. Motus-E (associazione che raggruppa tutti gli stakeholders della mobilità elettrica) segnala che sono state immatricolate 67.255 auto elettriche a batteria (+107% sul 2020) e 69.499 Phev, cioè ibride (+153,75%). Numeri destinati a crescere, anche alla luce di una normativa sempre più stringente sul fronte delle emissioni. Basti pensare che da ottobre prossimo la Lombardia (e altri territori potrebbero presto seguire) farà scattare il blocco strutturale delle auto a benzina classe antinquinamento Euro 2 e delle diesel Euro 4. Inoltre la Commissione europea ha messo a punto il pacchetto clima denominato “Fit for 55”, nel quale tra le altre cose è stata inserita la misura speciale relativa al divieto di vendita di automobili che emettono anidride carbonica, a partire dal 2035.
Intanto hanno già raggiunto una diffusione importante anche i servizi di shared mobility, tra biciclette, automobili, monopattini e scooter a noleggio. Secondo l’osservatorio di settore Osm, 49 capoluoghi di provincia italiani hanno già un’offerta strutturata di questi servizi, contro 59 che ne restano sprovvisti. L’offerta è più ampia nel Nord e nei grandi centri urbani. “Quello che si vede dall’esterno è la disponibilità di veicoli da prendere in locazione, ma lo sviluppo della mobilità condivisa porta con sé la necessità di ripensare l’intero sistema di trasporto, in modo da offrire la massima integrazione anche con l’offerta pubblica”, spiega Zerbini. Questo tema chiama in causa il quinto trend emergente nel settore, cioè la capacità di integrare i diversi tasselli della nuova mobilità per dare vita a una catena di valore capaci di tenere assieme ciò che oggi è frammentato.
I cambiamenti sociali
Lo sviluppo della shared economy si spiega anche con l’emergere di nuove sensibilità nella società. I giovani sono meno legati dei loro genitori al concetto di proprietà dei beni, attribuendo piuttosto priorità alla possibilità di accedere a un prodotto o servizio nel momento in cui ne avvertono la necessità. “Un altro grande tema è relativo ai processi di urbanizzazione: se prima della pandemia circa metà della gente mondiale viveva in aree urbane, ci si attende che si arrivi ai due terzi della gente entro il 2050, e il fenomeno non sembra rallentare a seguito degli shock sanitari correnti – osserva il professore della Sda Bocconi -. Un numero crescente di persone in giro per il mondo tende a lasciare le campagne e le province per confluire nei grandi centri urbani, che diventano metropoli. Infatti, qui si concentrano le maggiori opportunità non solo lavorative, ma anche di socializzazione”.
Questa dinamica pone problemi ambientali sempre più grandi, oltre alla necessità di ottimizzare le tempistiche degli spostamenti. Così non è un caso se sul terreno delle smart city si stanno concentrando gli sforzi di molti dei grandi operatori della mobilità. Dar vita a città intelligenti significa riuscire a creare ecosistemi nei quali veicoli, infrastrutture fisiche e digitali sono in grado di dialogare tra loro, minimizzando al contempo l’impiego di risorse naturali e reimmetterle in circolo una volta giunte a fine vita. Città circolari, dunque, nelle quali la tecnologia è un valore abilitante della trasformazione, così come la capacità di riprogettare gli spazi urbani per integrare il nuovo. Dallo scoppio della pandemia ha preso consistenza l’idea di dar vita a città dei 15 minuti, a cominciare dal manifesto della sindaca di Parigi, Hanne Hidalgo, secondo la quale i centri urbani dovranno assicurare a chiunque di raggiungere la destinazione prescelta nell’arco di un quarto d’ora.
Secondo uno studio realizzato da Deloitte e Marketing Problem Solving, il modello delle città dai 15 minuti rappresenta la migliore risposta al bisogno di vicinanza ai servizi espresso dal 95% dei cittadini italiani che necessitano di disporre nei propri dintorni di servizi come lavoro, supermarket e verde pubblico. Un obiettivo ambizioso per raggiungere il quale non è sufficiente costruire nuove piste ciclabili, né introdurre o rafforzare gli incentivi per chi acquista auto elettriche; occorre ripensare a fondo le città, attraverso uno sforzo condiviso tra istituzioni, cittadini e imprese che comporti la realizzazione di interventi strutturali, la definizione di regolamentazioni specifiche e il cambiamento di abitudini consolidate.
Source link
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-02-01 15:22:27 ,
www.repubblica.it