Con un impianto teatrale alla Carnage di Polanski – giusto per citare un modello irraggiungibile – e un tema che ricorda da vicino I nostri ragazzi di De Matteo, il film di Cipani tratto dalla pièce La palestra di Scianna non è un’opera perfetta, ma capace di colpire chi guarda e tenerlo incollato alla poltrona, sospeso nell’incredulità di ciò che vede e che nell’Italia di oggi è estremamente credibile.
I ragazzi di cui si parla nel film, vittima e carnefici, non si vedono mai. Si vedono solo gli adulti, e anche questa è una scelta degna di nota: mostrare gli adulti più bambini dei figli, infantili, cinici, corrotti e allergici ad ogni parvenza di responsabilità. Sono loro ad accartocciarsi su scuse, fantasie e giustificazioni multiple di fronte a una preside che sbaglia (e qui, come in altri punti, la sceneggiatura firmata dai fratelli D’Innocenzo scricchiola non poco) nel voler parlare con loro prima di denunciare l’accaduto alle autorità competenti. Per il resto è impossibile non empatizzare con lei, non tifare per una Giovanna Mezzogiorno convincente nel suo voluto distacco e nelle sue perplessità di spessore etico, così come non detestare ferocemente il padre gradasso interpretato da Claudio Santamaria – in una delle sue performance migliori – la madre arcigna di Raffaella Rea, i genitori morbidi e poi coinvolti in un’escalation di aggressività di Sergio Rubini e Angela Finocchiaro.
Si dirà che è un film molto attuale, ed è vero. Che è ben recitato, ed è vero. Che è un ottimo tentativo per il cinema italiano di allontanarsi dall’abusato trend delle solite commedie, ed è vero. Resta la sensazione di aver visto qualcosa a cui bastava poco per davvero centrare nel segno. Qualcosa come, ad esempio, un finale meno caricaturale e più verosimile, com’è verosimile l’escalation di rabbia dei genitori che in questo Paese si scagliano quotidianamente contro gli insegnanti per qualsiasi ragione, o torto immaginario.
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di Claudia Catalli www.wired.it 2023-03-16 13:00:00 ,