Elena Ceauşescu nacque come Lenuța Petrescu e fu per oltre quarant’anni moglie e stretta collaboratrice del dittatore rumeno Nicolae Ceauşescu, a capo di uno dei regimi più arretrati e brutali del blocco sovietico dal 1965 al 1989. Oltre a essere stata a lungo vice prima ministra del paese, Elena Ceauşescu fu anche una chimica, autrice di studi scientifici che le valsero diversi riconoscimenti nazionali e internazionali, anche da parte di istituzioni prestigiose come la Royal Society of Chemistry del Regno Unito.
Tuttavia, come ha raccontato il Guardian in un lungo articolo, alcune personalità del mondo accademico rumeno stanno chiedendo che questi riconoscimenti vengano ritirati a Ceauşescu, così come le opere ancora in circolazione in cui figura come unica autrice, sostenendo che il suo prestigio accademico sarebbe frutto di un imbroglio costruito grazie alla sua enorme influenza politica.
Ceauşescu nacque nel 1916 in un piccolo villaggio della Valacchia, nella Romania meridionale, da una famiglia di contadini. Nel 1939 aderì alla sezione di Bucarest del Partito Comunista e conobbe il suo futuro marito. L’ascesa politica e sociale di Elena Ceauşescu cominciò dopo che quest’ultimo diventò segretario generale del partito, la massima carica politica comunista. Negli anni Settanta, Elena Ceauşescu assunse una serie di ruoli di alto livello nell’apparato di partito, ma parallelamente al prestigio politico ci tenne molto a coltivare anche quello accademico e scientifico.
D’altronde l’ideologia comunista conferiva un gran valore alla scienza, in quanto elemento fondamentale dello sviluppo industriale e quindi economico. E inoltre Ceauşescu veniva da un ambiente rurale in cui le persone con un alto livello di istruzione erano poche, e quindi ammirate.
Ceauşescu frequentò le lezioni serali al Politecnico di Bucarest, si laureò nel 1957 e iniziò a lavorare nell’Istituto nazionale di ricerca chimica e petrolchimica (ICECHIM), in un reparto dedicato allo studio dell’elastomero, un particolare tipo di polimero. Dopodiché, alla fine degli anni Sessanta, ottenne un dottorato sempre al Politecnico. Ma negli anni questa versione così lineare del suo percorso accademico è stata messa in discussione da diverse testimonianze.
– Leggi anche: La morte di Nicolae Ceaușescu, il “Genio dei Carpazi”
Il giornalista e corrispondente Edward Behr, nel suo libro sui coniugi Ceaușescu intitolato Kiss the Hand You Cannot Bite: the Rise and Fall of the Ceaușescus, scrisse: «Non c’è nessuna traccia della sua laurea in chimica prima del suo dottorato […] eppure nel 1960 aveva un impiego a tempo pieno come ricercatrice all’ICECHIM e nel 1965 ne diventò direttrice». Quanto alla sua tesi di dottorato, ci sono sempre stati dubbi sul contributo che diede effettivamente Ceaușescu. Molti scienziati e suoi collaboratori dell’ICECHIM hanno sostenuto (dopo la caduta del regime nel 1989) di essere stati costretti a contribuire alla tesi, e molti di quelli che lavorarono con lei stentano a credere che avesse le capacità di comprenderne i contenuti.
Nel libro di Behr viene citata la testimonianza di Mircea Corciovei, impiegato all’ICECHIM all’epoca in cui Ceaușescu era direttrice. Corciovei ha raccontato che parlare con Ceaușescu era molto complicato perché «dava ordini e non voleva discussioni», e che era impossibile capire la vera misura della sua conoscenza in ambito chimico, perché non parlava mai degli aspetti scientifici del lavoro: «si preoccupava solamente di questioni politiche e amministrative».
Un giorno, per caso, Corciovei scoprì parlandoci che non sapeva cosa fosse un cromatografo (uno strumento con cui è possibile separare i componenti di una miscela), e che non era in grado di riconoscere la formula dell’acido solforico (H2SO4), che di solito si insegna ai primi anni delle scuole superiori.
Nonostante la sua incompetenza più o meno nota ai suoi collaboratori, Ceaușescu cercava costantemente l’approvazione e il riconoscimento accademico, in Romania ma soprattutto all’estero. Il regime rumeno era uno dei pochi paesi comunisti che potevano vantare ottimi rapporti con il blocco occidentale, al punto che il presidente americano Richard Nixon fece una visita ufficiale nel paese nel 1969. La benevolenza occidentale era dovuta all’atteggiamento critico e talvolta di opposizione che i Ceaușescu mantenevano nei confronti dell’Unione Sovietica.
Approfittando di questa situazione, Elena Ceaușescu istruiva diplomatici e funzionari del regime affinché convincessero paesi stranieri a offrirle un qualche tipo riconoscimento accademico, magari in occasione di visite o incontri ufficiali.
Ci sono varie testimonianze delle pressioni diplomatiche esercitate da Ceaușescu in questo senso. Per esempio quella di Ion Mihai Pacepa, che fu a capo dell’intelligence rumena prima di disertare il regime nel 1978. Nove anni dopo scrisse un libro in cui racconta che Ceaușescu una volta gli chiese di tentare di organizzare una cerimonia con le università di New York e di Washington, per conferirle un titolo onorifico. «Cercai di spiegarle che il presidente negli Stati Uniti non ha lo stesso potere che ha quello rumeno in Romania» ha scritto Pacepa. «L’unico risultato però fu di causare l’ira di Elena».
Un altro esempio lo riporta Dennis Deletant, storico e docente esperto di Romania dell’University College di Londra, che nel 1978 fu contattato dal preside di facoltà in merito ad alcune richieste da parte dei funzionari diplomatici rumeni. Chiedevano un titolo onorifico per Ceaușescu in vista di una sua visita di stato nel giugno di quell’anno, e il preside voleva sapere da lui se fosse una buona idea. Parlando con il Guardian, Deletant ricorda:
«L’ambasciata rumena a Londra impiegò un notevole sforzo per cercare di convincere alcune istituzioni accademiche britanniche a riconoscere i “risultati scientifici” di Elena – era osannata dalla stampa rumena come una “scienziata riconosciuta a livello mondiale” anche se sapevo da fonti rumene affidabili che il suo dottorato era opera di un professore dell’Università di Iași».
LEGGI TUTTO
di
www.ilpost.it
2021-12-30 09:12:51 ,