Sul palco del Wired Next Fest di Milano anche Emanuela Fanelli, attrice e autrice che negli ultimi anni ha conosciuto un’enorme popolarità grazie soprattutto al programma cult Una pezza di Lundini su Rai 2 e che oggi è al cinema nel nuovo lungometraggio di Paolo Virzì Siccità.
La chiacchierata nella sala Cattedrale della Fabbrica del vapore di Milano parte inevitabilmente dal film. “Era vero: è il mio riscatto”, esordisce Fanelli, con un riferimento a una delle gag ricorrenti dell’ultima stagione della Pezza, in cui Lundini non perde occasione di deriderla dimostrandosi scettico rispetto alla possibilità il regista l’abbia davvero scelta per un suo film. Sul successo riscosso negli ultimi anni e il passaggio dalla comicità al ruolo drammatico del film, l’attrice racconta che in realtà le “piacciono le cose belle, le cose che guarderei. A prescindere da dramma o commedia”; il ruolo che interpreta in Siccità è “un regalone: la tragedia e la commedia insieme”. “Spesso i ruoli femminili al cinema sono la goffa, la simpatica, la depressa, bella”, mentre quello che interpreta nella pellicola invece è “un personaggio che ha tantissime sfaccettature, che somiglia a persona vera”.
Recitare in un film che vanta un cast con attori del calibro di Silvio Orlando, Valerio Mastandrea e Monica Bellucci è stato come giocare “la prima partita in Champions League”. Siccità parla di aridità, ambientale e umana, e alla domanda se il cinema abbia anche la funzione di raccontare battaglie come quella del cambiamento climatico, l’attrice risponde “non so se serve. Ma guardando il film ho pensato che mancava un racconto di oggi. È una bella fotografia. In realtà si parla dell’emergenza climatica, della siccità, ma il centro del film è l’aridità umana, che è anche un po’ all’origine di quella ambientale”. A un livello più personale, il film l’ha aiutata a esplorare se stessa: “Quando devi interpretare un personaggio cerchi dei ganci con aspetti caratteriali che ti riguardano. Per interpretare questo ruolo mi sono dovuto un po’ agganciare al senso di inadeguatezza, alle parti un po’ più delicate, inadeguate e tenere”.
Sul suo percorso professionale, e in controtendenza rispetto a quello che il settore dello spettacolo ha vissuto nel periodo della pandemia, Fanelli ammette che “sono stati due anni fortunati, anche vissuti con un po’ di senso di colpa per gli amici e colleghi che non lavoravano”.
In radio Fanelli interpreta anche un’influencer, una categoria di cui non si definisce “detrattrice”, anzi, “a proposito di linguaggi che cambiano, i primi e quelli che hanno avuto più impatto sono stati bravissimi a capire dove stavano andando cose come la pubblicità”.
Chiusura sullo scollamento tra persona e personaggio e sull’impassibilità di risalire alla vere Emanuela Fanelli. “Emanuela Fanelli de La pezza di Lundini, come Valerio Lundini, non siamo noi. Innanzittutto è più divertente fare sempre qualcosa che non somiglia a se stesso. Poi, c’è anche un po’ di pudore privato, non amo farmi vedere. Non penso che la mia vita sia così interessante rispetto a quello che posso inventare”, chiosa l’attrice.
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di Adamà Faye www.wired.it 2022-10-08 17:46:10 ,