Per la prima volta nella storia, embrioni di topo ai primissimi stadi di sviluppo sono state congelati e spediti sulla Stazione Spaziale Internazionale (Internazionale Space Station, Iss), dove sono state tenute in coltura per quattro giorni. Alcune non sono sopravvissute, ma le altre sono state in grado di differenziarsi e procedere normalmente attraverso i successivi stadi di sviluppo, almeno fino alla fase della blastocisti, quella che precede l’impianto dell’embrione nell’utero. I dettagli dell’esperimento sono disponibili in uno studio pubblicato su iScience.
Quattro giorni nello Spazio
La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Yamanashi (Giappone), che ha estratto embrioni alle primissime fasi di sviluppo da femmine di topo in gravidanza. Ciascun embrione, costituito da due sole cellule, è stato poi congelato e spedito nell’agosto del 2021 sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss). Per permettere agli astronauti della Iss di scongelarli e mantenerli in coltura nelle condizioni più appropriate, il gruppo di ricerca ha inoltre sviluppato delle apposite embryo thawing and culturing unit (Etc, unità di scongelamento e coltura degli embrioni), che sono servite anche per spedire gli embrioni sulla Iss. Una volta arrivati a destinazione e scongelati, metà degli embrioni è stata fatta crescere per quattro giorni in condizioni di cosiddetta microgravità, quella che caratterizza l’ambiente della Iss. L’altra metà è invece cresciuta, sempre per quattro giorni e all’interno della Iss, in un ambiente che simula la gravità terrestre, costituendo così un controllo per l’esperimento. Infine, un’altra porzione di embrioni è rimasta sulla Terra: anche questi sono stati fatti crescere per quattro giorni dopo essere stati congelati e scongelati in modo simile a quanto fatto per gli embrioni spediti nello spazio. Dopo i quattro giorni in coltura, le cellule embrionali coltivate sulla Iss sono state trattate con apposite sostanze chimiche che le “congelano” (questa volta in senso metaforico) e ne consentono il mantenimento a lungo termine, anche se in uno stato non più vitale. Questo ha permesso di rispedirle sulla Terra per essere poi analizzate e paragonate al “controllo terrestre”.
Risultati e direzioni future
In termini percentuali, il tasso di sopravvivenza degli embrioni coltivati a bordo della Iss è stato pari a circa la metà rispetto a quello osservato per gli embrioni cresciuti a Terra. Tuttavia, le cellule degli embrioni che sono sopravvissuti e che sono cresciuti nella condizione di microgravità sono state in grado di svilupparsi e differenziarsi in modo normale e analogo alle cellule degli embrioni facenti parte dei due controlli. Anche il Dna delle cellule coltivate a bordo della Iss (sia in condizioni di microgravità che di gravità terrestre “artificiale”) non sembra aver subito danni evidenti dovuti all’esposizione a radiazioni più potenti rispetto a quelle che raggiungono la superficie terrestre.
Naturalmente, sottolineano gli stessi autori della ricerca, saranno necessari ulteriori studi per validare i risultati di questo primo esperimento. Inoltre, si tratta di osservazioni molto importanti, che però riguardano solo una brevissima parte del completo sviluppo embrionale e, soprattutto, dell’intera gravidanza. Per il futuro, il gruppo di ricerca pianifica ad esempio di studiare un modo per ricongelare gli embrioni dopo la fase di coltura sulla Iss, in modo da poterli scongelare di nuovo una volta riportati sulla Terra e provare a impiantarli nell’utero di femmine di topo. Questo consentirebbe di osservare gli stadi successivi dello sviluppo e valutare se anche questi procedono in modo normale dopo il “viaggio spaziale” dell’embrione.
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di Sara Carmignani www.wired.it 2023-10-30 15:53:39 ,