Quando uno spot, come quello di Esselunga firmato dall’agenzia creativa Small di New York e girata a Milano, accende così tante sfumature interpretative significa che funziona. Forse più sul lato strettamente creativo e autoriale che su quello commerciale, per quanto anche il payoff sia perfetto. Stiamo parlando del cortometraggio, perché di questo si tratta, di Esselunga che, stando ai soliti titoli, “divide” i social. Titolo: La pesca.
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Più che dividere, a ben vedere accende appunto diverse prospettive d’interpretazione, anche considerando il proprio vissuto. Francamente l’idea che celebri la famiglia tradizionale appare abbastanza fuori fuoco. Anzi. Il punto centrale, semmai, è che finalmente si apre una crepa piuttosto larga sul famigerato modello “Mulino Bianco” mettendo in scena una coppia separata con una figlia. Nella vita, e nella vita di coppia come in tutte le altre esperienze della nostra esistenza, una regola non esiste. Per una volta che uno spot prova a raccontare una delle possibili situazioni fuori da quelle considerate maggioritarie, evitandoci sinfonie di canzoncine demenziali e la solita, inesistente, tavola della colazione imbandita come la mattina di Pasqua non troviamo altro che imbastire la solita contrapposizione diretta. E sottolineare il fatto che il frutto non è stato pesato e prezzato.
Il secondo aspetto notevole, per quanto non del tutto originale, è che si sposta il punto di vista sullo sguardo della bambina che insiste per acquistare e regalare una pesca al padre, mettendola da parte per quando verrà a prenderla. Sì, ci sono aspetti che ovviamente rispondono a una lettura di quella situazione decisamente a senso unico: i due genitori abbastanza tristanzuoli – anzi, c’è perfino una madre che si perde la figlia al supermercato, a dirla tutta – la bambina che a parte alcuni momenti di serenità e di gioco appare costantemente torva, una fotografia che spinge in questo senso (la regia è del francese Rudi Rosenberg e la produzione di Indiana Production) e quindi un messaggio neanche troppo nascosto fra le righe che prende atto della situazione, certo, ma la raffigura come vagamente cimiteriale. Per alcuni versi lo è. Per altri no. E questo può essere senz’altro un punto di contestazione.
Ma una scelta artistica deve pur imboccare una direzione. Questo corto lo fa con delicatezza, per quanto ammantata di una vaga mestizia di fondo in cui la svolta dovrebbe essere rappresentata da quel momento finale di apertura e di positività – è pur sempre una pubblicità – con la consegna della pesca da parte della bimba al papà, spacciata per un regalo della madre. E con quel sottile filo rosso, “Allora dopo chiamo la mamma per ringraziarla”, che sembra riaccendere le aspirazioni della piccola. Insieme allo sguardo del padre verso la finestra e di nuovo verso la figlia, nel tentativo tutto intimo di capire se possa esserci spazio per riannodare i fili di una storia che ha preso un’altra strada.
Insomma, se una lettura dominante è evidente – il punto di vista della bambina fornisce chiaramente alla separazione un’impostazione generale dolorosa e, di nuovo, non è detto che debba sempre esserlo perfino per i figli, anzi – è pur vero che dallo spot va preso il buono che porta: il solo mettere in scena una situazione comunissima che ciononostante è sistematicamente sotto-rappresentata dal mondo della pubblicità rispetto al peso reale nella società, il tentativo di raffigurarla in una chiave di lineare convivenza civile nel paese che queste situazioni le racconta ancora, a tutti i livelli, col lessico della guerra (basti pensare alle “battaglie legali per gli affidamenti”) e l’aver scelto un’impostazione appunto delicata, dentro i binari di una quotidianità qualsiasi. La quotidianità di molti. Con buona pace di chi si ferma alla pesca senza etichetta.
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di Simone Cosimi www.wired.it 2023-09-26 12:44:52 ,