La lotta che Carpenter fa scoppiare tra i due, con Frank che si rifiuta di usare gli occhiali, è forse il momento metaforicamente più complesso di Essi Vivono. Carpenter crea il simbolo della negazione di una verità che ci fa paura, di vedere ciò che vi è oltre la superficie, anticipando la sentenza fatta delle Wachowski in Matrix Reloaded: il rifiuto è la più prevedibile delle reazioni umane. John Nada è il tipico perdente dell’America di Reagan. Operaio edile, umile, silenzioso, povero, emarginato, estraneo alla cultura del successo e del consumismo, dei beni di lusso, diventa per una serie di casualità motore di una ribellione che cerca come può di mostrare alle masse l’inganno in cui vivono. Gli alieni che dominano il pianeta attraverso mezzi di comunicazione di massa e occupando i vertici, utilizzano messaggi subliminali e depredano un’umanità ignara. Nada e Frank, con il loro fare caotico ma deciso, porranno fine a questa dittatura anche se al prezzo della vita. Carpenter crea un crescendo straordinario, che se di primo acchito può sembrare un po’ sparagnino per ciò che riguarda la caratterizzazione dei personaggi, nella realtà è perfettamente coerente con la sua volontà di creare un viaggio dentro i luoghi simbolo dell’America consumista e allineata, quella che crede al nuovo “american dream”. Era un sogno di fatto composto da egoismo, intolleranza verso il diverso, l’oppressione del dissenso che in Essi Vivono viene rappresentata in un modo che non era poi distante da ciò che avveniva (e avviene) nei ghetti e in quella parte di paese che non doveva aver alcuna voce.
Una terribile profezia che si è avverata nel XXI secolo
Essi Vivono omaggia più generi, dal western classico alla Ford e Houston all’action, che proprio in quegli anni con Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Chuck Norris era paradossalmente portabandiera dell’America muscolare e conservatrice. Ma cita anche sé stesso, da 1997: Fuga da New York a Distretto 13: Le Brigate della Morte fino a Grosso Guaio a Chinatown. La sua statura di eterno studente e profondo estimatore della settima arte non poté però evitargli di connettersi anche a L’Invasione degli Ultracorpi, nonché il celeberrimo Zombie di Romero, altro capitolo iconico della cinematografia ribelle e di sinistra di quegli anni. Essi Vivono del resto era liberamente tratto da Alle otto del mattino, romanzo di Ray Nelson, capolavoro della paranoia e anticipatore di tematiche come il controllo, la paura come strumento, il terrore come moneta per i non allineati. In un’America dove film spazzatura riportano all’ordine del giorno il tema dell’infiltrazione comunista, dove ritorna il terrore dell’attacco nucleare, Carpenter effettua una doppia mutazione: il nemico è interno, è un nemico di classe e l’Apocalisse è molto più connessa alla religiosità che alla malvagità umana, al comunismo e affini. Altro fatto sensazionale, è come Essi Vivono, al contrario di tanti film di genere, non sia giocoforza malfatto o privo di una sua gradevolezza visiva. Al contrario, l’alternarsi del colore al bianco e nero, così come la maestria con cui Carpenter crea scene d’azione tra le migliori di quegli anni, rendono il film ancora oggi esteticamente molto valido.
A guardarlo oggi, dopo tanto tempo, Essi Vivono appare sinistramente attuale, terrificante nella sua natura di profezia di ciò che il mondo è diventato nel XXI secolo: una tecnocrazia, la dittatura dell’algoritmo, dei social media e dei guru sulla società, sull’esistenza umana. Qualcosa che avvenuto gradualmente e in piena luce, così da garantire al film di Carpenter la fama e l’iconicità meritata, presso un universo che poi, col tempo, si è spostato dalla controcultura al complottismo tout court, con tutte le conseguenze del caso. Il che ha sovente messo in secondo piano anche il connettersi del film con tutta quella filosofia, che da Kant a Platone, da Eraclito a Marx, si è mostrata in piena luca nella sua complessità. Il regista ribelle per eccellenza del resto, ha sempre coniugato alto e basso, estetica e significato, sovente rimanendo inizialmente incompreso. A 35 anni di distanza dalla sua uscita, Essi Vivono risplende della sua capacità di essere sia il film simbolo della resistenza culturale al peggio degli anni ’80 nel loro insieme. Qualcosa che Oliver Stone aveva mostrato nel suo Wall Street, ed oggi significa incapacità di essere gruppo organizzato di antagonismo. Nulla è cambiato, i messaggi subliminali hanno invaso i social media, persino le piattaforme streaming. La nostra è una società dove la volontà viene etichettata, registrata, analizzata e infine indirizzata lì dove al potere conviene, si tratti di film, di cibo, musica o del voto politico. La cosa più inquietante? Essi Vivono a conti fatti è stato un film ottimista. Chi l’avrebbe mai detto in quel 1988?
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-11-04 05:40:00 ,