La decisione relativa all’emissione dell’euro digitale “dovrebbe essere presa nell’ottobre del prossimo anno”. La dichiarazione di Fabio Panetta, membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, conferma che – con estrema gradualità e cautela – anche l’Unione Europea sta studiando ciò che altre 97 nazioni nel mondo stanno sperimentando o hanno già introdotto.
A volte chiamate impropriamente “criptovalute di stato”, questo tipo di moneta è più correttamente noto con il termine tecnico di central bank digital currencies (Cbdc, “valute digitali di banca centrale”). Come dice il nome, si tratta dell’equivalente digitale dell’euro o di qualunque altra moneta, coniata direttamente dalla banca centrale che si occupa della sua emissione.
Tra le grandi potenza mondiali, la Cina è la nazione in cui questo progetto si trova nella fase più avanzata: in varie città, tra cui Shenzhen e Xiong’an (dintorni di Pechino), si sono svolti nel corso del 2021 programmi pilota con la collaborazione di varie realtà commerciali: JD.com (il più grande portale di e-commerce), Didi (la Uber cinese), Meituan Diaping (società di food delivery) e parecchi altri ancora.
In una di queste sperimentazioni sono stati selezionati 50mila cittadini volontari, che hanno ricevuto nel loro portafoglio elettronico la somma iniziale di 200 yuan digitali (meno di 30 euro), da usare anche nei negozi fisici attraverso il classico codice qr. A quanto pare, il tasso d’adozione è stato nettamente positivo, convincendo il governo a espandere la sperimentazione in altre quattro province.
Alcune realtà più piccole si trovano perfino più avanti del gigante cinese: le Bahamas hanno ufficialmente introdotto il loro Sand digitale già nell’ottobre 2020, mentre la Nigeria (la più importante economia africana) ha lanciato il suo e-Naira il 25 ottobre scorso. Le nazioni caraibiche di Grenada, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis, Antigua e Barbuda – riunite sotto la Eastern Caribbean Central Bank – hanno invece inaugurato il DCash nel marzo 2021.
Le monete digitali ufficiali si stanno quindi facendo largo, anche se – a differenza di quanto si potrebbe pensare – l’infrastruttura portante di questa moneta non è necessariamente la blockchain, che nel mondo delle banche centrali assume peraltro il nome di “tecnologia del registro digitale” (Dlt, digital ledger technology), probabilmente per tenere idealmente lontane le sregolate e rischiose criptovalute.
Leggi tutto su www.wired.it
di Andrea Daniele Signorelli www.wired.it 2022-10-06 05:00:00 ,