MILANO – La Banca centrale europea riempie di critiche la bozza della tassa sugli extraprofitti bancari legati al rialzo dei tassi di interesse. Il parere, che compete all’istituzione per i profili di stabilità degli istituti e di vigilanza, è di sei pagine, firmato dalla presidente Christine Lagarde e inviato ieri al Tesoro, che l’11 agosto aveva inviato la versione della misura, per incassare nel 2024 il 40% di aliquota sull’incremento superiore al 10% del margine di interesse delle banche italiane del 2023 rispetto al 2022. L’Eurotower, come già aveva fatto per simili leggi adottate dai governi di Spagna e Lituania, ha sollevato rilievi di tipo formale e sostanziale, invitando a calibrare meglio tutte le ricadute che l’imposta potrebbe avere sul credito in Italia e sulla capacità degli istituti di assorbire i problemi del ciclo economico (già alle porte).
La vigilanza ha quindi raccomandato al governo “che il decreto-legge sia accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario, che illustri in particolare l’impatto specifico dell’imposta straordinaria sulla redditività a più lungo termine e sulla base patrimoniale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti e sulle condizioni di concorrenza sul mercato, e il suo potenziale impatto sulla liquidità”. Il Tesoro, che da settimane lavora a una revisione della base imponibile dell’imposta, anche per esentare gli investimenti delle banche in titoli di Stato, leggerà con massima attenzione tutti i rilievi e le raccomandazioni di Francoforte; anche se la versione finale della norma, in discussione al parlamento, potrebbe ridurne l’impatto dai 2,5 miliardi di euro inizialmente stimati a meno della metà.
Il rischio di non considerare la fase calante del ciclo
Il primo rilievo riguarda il fatto che la norma una tantum non misura gli effetti del rialzo dei tassi sull’intero ciclo economico: “È dimostrato che il reddito netto da interessi solitamente tende ad espandersi man mano che aumentano i tassi di riferimento (…). Tuttavia, con il procedere del ciclo restrittivo, tale effetto positivo sul reddito può essere compensato da minori volumi di prestiti, maggiori costi di finanziamento, perdite registrate nel portafoglio titoli e da un aumento degli accantonamenti derivante dal potenziale deterioramento della qualità del portafoglio creditizio”. Pertanto, “l’effetto netto di una politica monetaria più restrittiva sulla redditività delle banche misurato sull’intero ciclo di definizione delle politiche può pertanto essere meno positivo, se non negativo, su un orizzonte temporale esteso”.
Secondo, “poiché la determinazione dei destinatari dell’imposta straordinaria si basa anche sul reddito netto da interessi nel 2023, tali enti creditizi possono registrare utili o perdite inferiori nel momento in cui l’imposta è effettivamente riscossa”. E ciò vale perfino “se gli enti creditizi soggetti a tale imposta registrassero perdite sulle componenti dei loro utili derivanti da redditi diversi dal reddito netto da interessi”. Per questo Lagarde aggiunge che “occorre prestare cautela per garantire che l’imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia”, evitando di “mettere a repentaglio una regolare trasmissione delle misure di politica monetaria, basata sul sistema bancario, all’economia in generale”.
I rischi di stabilità finanziaria delle banche
Come fatto con le imposte spagnole e lituane sulle banche, la Bce aveva rimarca che “imporre un’imposta straordinaria al settore potrebbe rendere più complicato per gli enti creditizi accumulare riserve supplementari di capitale in quanto i loro utili non distribuiti si ridurrebbero, e ciò diminuirebbe la loro capacità di tenuta di fronte a shock economici”, limitando la capacità degli enti di erogare credito. Altra critica riguarda la natura una tantum dell’imposta: mentre “la Bce ha raccomandato in precedenza che è necessaria una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali di un governo per evitarne l’uso a fini generali di risanamento di bilancio”.
Tra i rischi sulla stabilità degli istituti c’è anche quello che, “in una prospettiva di lungo periodo, tassi di interesse più elevati possono incidere negativamente sulla situazione finanziaria dei beneficiari di prestiti, aumentando così il rischio di credito. Tali effetti non sono presi in considerazione nel concepire l’imposta straordinaria, in quanto quest’ultima è calcolata sul margine di interesse netto e non sugli utili netti. È opportuno che tali diversi fattori siano debitamente valutati al fine di garantire che gli enti creditizi rimangano in una posizione favorevole per assorbire potenziali perdite future”. Poi un passaggio sui maggiori costi di finanziamento: “L’imposta straordinaria può rendere più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario e finanziamento all’ingrosso, in quanto gli investitori nazionali ed esteri potrebbero avere meno interesse a investire”.
I rilievi che riguardano la vigilanza prudenziale
Nella parte finale del parere si sollevano i timori per la vigilanza prudenziale che la Bce effettua sui maggiori istituti europei. Il principale riguarda i “rischi di frammentazione del sistema finanziario europeo a causa della natura eterogenea di tali imposte”; sia per il fatto che i gruppi che operano tramite succursali estere siano sottoposti a una “doppia imposizione”. Tra l’altro la missiva chiede chiarimenti sul “trattamento degli enti creditizi in cui siano avvenute fusioni e acquisizioni durante il periodo di stima per il calcolo dell’imposta e il relativo impatto, in termini di perimetri diversi alle diverse date di riferimento”, che il decreto legge “non considera né chiarisce”.
Un rischio collegato è che “l’imposta straordinaria inciderà in particolar modo sugli enti meno significativi, che tendono a concentrarsi maggiormente sull’erogazione del credito”, e meno sulle commissioni da gestione del risparmio; tanto più che la base imponibile dell’imposta del governo italiano “non prende in considerazione l’intero ciclo economico e non comprende, tra l’altro, le spese operative e il costo del rischio di credito”. Per questo “l’ammontare dell’imposta straordinaria potrebbe non essere commisurato alla redditività a più lungo termine di un ente creditizio e alla sua capacità di generare capitale”.
Un ultimo chiarimento riguarda la specificazione del tetto massimo dell’imposta, posto allo 0,1% delle attività totali relative all’esercizio finanziario 2022. “Non è del tutto chiaro se la nozione di attività totali si riferisca allo stesso perimetro utilizzato per il calcolo dell’imposta oppure se si riferisca alle attività totali a livello consolidato”: per cui i soggetti come Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno rilevanti attività all’estero, od assicurative, ancora non capiscono quale sia il loro imponibile.
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2023-09-13 22:29:06 ,