Ezio Bosso torna alla luce nel 2021 grazie alle sapienti mani documentaristiche dell’autore e regista Giorgio Verdelli, il quale già in passato si è specializzato nel rendere pubblicamente interessanti le monografie di grandi cantautori italiani con pellicole come Pino Daniele, Il tempo resterà (2017) e Paolo Conte, Via con me (2020). Grande fruitore di musica, il regista, ama deliziare con visioni per un pubblico impegnato e per pochi giorni di programmazione, stile ‘evento’, così come l’ormai introvabile Le strade dell’anima (2003). Nell’ultima fatica di Verdelli, Ezio Bosso Le cose che restano (2021), egli si cimenta nel raccontare toni, ritmi, armonie, ma soprattutto la presenza di un personaggio che ha avuto il grande pregio di sensibilizzare alla musica classica tutti coloro lo abbiano intercettato nella propria vita in qualche modo, le jam sessions, il pubblico nei teatri, le case in cui si guarda Sanremo, le feste di paese, chi nostalgicamente guarda solo Rai3, gli spettatori di Propaganda Live in lockdown e, per chi non lo sapesse, il cinema.
Lui , nessuno, centomila.
Ezio Bosso (Torino, 1971- Bologna, 2020) contrabbassista, pianista, direttore d’orchestra, uno tra i musicisti e compositori italiani più influenti della sua generazione, soprattutto per aver condiviso a 360 gradi e con qualunque mezzo l’importanza emotiva della musica, perlopiù classica, a tal punto da renderla fruibile a chiunque.
“In quei locali suonavano eccellenti band di tutti i generi: dal rock duro al reggae. Il fatto che noi studiassimo musica classica non ci precludeva la passione per gli altri generi musicali” queste le parole di Ezio mentre racconta dei suoi studi al Conservatorio di Torino. Un’anima Punk, come dice la sorella Ivana quando racconta di Ezzy Bezzy che giocava a fare il sovversivo, nata nella scena Mob della Torino anni 80 e che bazzicava ‘Il Centralino’ o ‘Il Radio Flash’ suonando per band come gli Statuto e i Negazione.
Nel 2011, a seguito di un incidente per il quale non ebbe conseguenze, scoprì casualmente di soffrire di una malattia neurodegenerativa che ne causò la morte il 14 maggio 2020.
Abbandonò il contrabbasso per passare alla composizione e al pianoforte fino al 2019, quando la malattia compromise anche l’uso delle mani: “Se mi volete bene, non chiedetemi più di sedermi al pianoforte e di suonare. Tra i miei acciacchi adesso ho anche due dita fuori uso. Se non posso dare abbastanza al pianoforte, è meglio lasciar perdere”.
“Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono”.
Moltissime le frasi pronunciate da Ezio Bosso che, con lucidità disarmante, colpiscono i cuori aperti a tale sensibilità. Un personaggio per il quale un film documentario non basta, ma conseguentemente impone agli animi più predisposti un approfondimento anche e soprattutto in ambito musicale, un lascito di cui l’artista andrebbe fiero.
Una giusta commemorazione quindi, scandita prevalentemente dai racconti di Bosso stesso, la sua musica, compreso l’inedito The Things that remain (“ognuno si racconterà la propria storia ed io posso solo suggerire la mia” E. Bosso), immagini d’archivio e interviste a personaggi più o meno vicini : il fratello Fabio Bosso, Zio Giulio (il suo accordatore di piano), Silvio Orlando, il suo barbiere, il trombettista Paolo Fresu, Gabriele Salvatores e Carlo Conti, che lo volle come ospite al Festival di Sanremo nel 2016 dove molti si appassionarono alla sua storia proprio da lì (ne viene riportato l’intervento per intero).
Molto bella la sequenza dell’ingresso negli studi di registrazione di Abbey Road (chiunque, appassionato di musica, prova un brivido nell’ attraversare quell’ingresso anche virtualmente) dove Ezio Bosso sfida la sua malattia ormai in stadio avanzato dirigendo i suoi 60 elementi con estrema fatica per la colonna sonora de Il Ragazzo Invisibile (2014).
Da recuperare assolutamente, grazie a questo docufilm, Cappotto di legno (2008) brano dedicato alla lotta contro le mafie per una iniziativa di Mtv, Piemonte Symphony (2009) cortometraggio di Maurizio Bonino, Impressioni di settembre (2005) O.S.T. del film Quo Vadis Baby? Di G. Salvatores, Cuori. Un poster dei Cosmos (1996) spettacolo teatrale rielaborato da Valter Malosti.
Me & Bosso
La musica esiste perché l’essere umano è in grado di ascoltarla.
Non è antropologia spicciola la mia, mi limito ad umanizzare, semplificando, il significato della vita di alcuni privilegiati in grado di regalare ai comuni mortali udenti, vibrazioni che disegnano sogni e brividi che altrimenti non esisterebbero. Di cotanta meraviglia vanno ringraziati gli artisti veri, quelli ai quali vedi scorrere nelle vene del collo le note che suonano, quelli che pur con un cappello abbassato sugli occhi riescono a seguire uno spartito con il solo uso della memoria, anche se per loro non è memoria ma ‘orecchio’.
In questa pellicola gli zoom sulle vene arrivano eccome, si esce dalla biografia per entrare nel cuore della eccentricità musicale e a mio parere Ezio avrebbe apprezzato, seppur con qualche critica stilistica, questa mancanza di confini tra la realtà dei racconti di vita ed il mero edonismo artistico au clair de la lune.
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di Redazione
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2021-10-04 07:06:57 ,