Che Facebook faccia incetta dei dati degli utenti è cosa nota, ma prima d’ora non era mai stato quantificato nel dettaglio lo sforzo fatto dalla compagnia per entrarne in possesso. Un recente studio della rivista statunitense Consumer Reports, invece, ha rivelato che la piattaforma riceve i dati di un utente in media da circa 2230 aziende, anche se in un caso specifico sono state “quasi 48.000 aziende diverse” a fornire informazioni dettagliate alla piattaforma. Un numero assolutamente notevole, che rende bene l’idea di come sia strutturato il sistema delle inserzioni di Meta.
Per riuscire a estrapolare questo dato, Consumer Reports ha utilizzato “un panel di 709 volontari che hanno condiviso gli archivi dei propri dati di Facebook”, scoprendo così “che un totale di 186.892 aziende hanno inviato dati su di loro al social network”. A stupire, però, non è soltanto il numero di attori coinvolti nella raccolta dei dati a scopi pubblicitari, quanto piuttosto il fatto che lo studio ha messo in luce una forma di tracciamento solitamente nascosta, ossia il tracciamento server to server, in cui i dati personali degli utenti passano direttamente dai server di un’azienda a quelli di Meta. Una rivelazione che ha subito messo in allerta la compagnia, che si è difesa attraverso le dichiarazioni del portavoce Emil Vázquez: “Offriamo una serie di strumenti di trasparenza per aiutare le persone a comprendere le informazioni che le aziende scelgono di condividere con noi e a gestire il modo in cui vengono utilizzate”.
Nonostante questo, quello che continua a non convincere i ricercatori di Consumer Reports è che l’identità delle aziende che forniscono dati a Facebook non sia sempre così chiara e trasparente come garantisce Meta. Al di là dei nomi chiaramente riconoscibili come Amazon, Home Depot, Macy’s e Walmart, lo studio ha identificato oltre 7000 aziende con denominazioni del tutto prive di senso – tra cui molte contrassegnate da sequenze di numeri del tutto illeggibili. Questo significa che Meta potrebbe raccogliere informazioni sugli utenti anche da soggetti poco raccomandabili, senza che questi abbiano la possibilità di saperlo. Un dettaglio da non sottovalutare, che potrebbe mettere la compagnia in enorme difficoltà.
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di Chiara Crescenzi www.wired.it 2024-01-18 10:44:02 ,