di Paolo Armelli
C’è stato un periodo glorioso e fatato nella storia d’Italia in cui il Natale coincideva con Fantaghirò. La saga fantasy è iniziata proprio 30 anni fa, quando il 22 dicembre 1991 su Canale5 andò in onda la prima delle due puntate che costituivano il primo capitolo di questo vero e proprio franchise tutto italiano, firmato Lamberto Bava. Da allora non c’è stato periodo delle feste in cui le avventure dell’eroina interpretata da Alessandra Martinez non venissero mandate in onda o replicate, fino ad arrivare a tempi più recenti: dimentichi di qualsiasi cosa sia giusta e sacra nella vita, i programmatori Mediaset mandano in onda ormai puntualmente le tradizionalissime repliche natalizie della serie solo a tardissima notte, anzi tra le 3 e le 4 del mattino.
Eppure davvero Fantaghirò è stato un fenomeno generazionale senza precedenti: in un epoca in cui la televisione commerciale, non ancora estremamente politicizzata come negli anni Duemila e non ancora marginale come più di recente, vendeva il sogno di un’identità frizzante e immaginifica, fluida persino, Bava confezionò a partire dalla classica fiaba di Italo Calvino una saga blockbuster che attirava un pubblico trasversale, famiglie raccolte attorno a rituale non ancora palesamente pacchiano, ma soprattutto bambini e ragazzi che scoprivano un universo che, senza che ne fossero completamente consci, li avrebbe portati al Signore degli anelli.
In effetti questa produzione delle reti Fininvest, proseguita per ben cinque stagioni (sebbene l’ultima sia universalmente odiata non solo da chi l’ha recitata ma anche dai fan più accaniti), aveva tutti gli ingredienti per rinnovare anno dopo anno l’incantesimo della meraviglia: c’era la storia d’amore strappalacrime tra Fantaghirò e il tanto prode quanto monocorde Romualdo (Kim Rossi Stuart); c’erano le avventure magiche tra streghe e stregoni, prove mostruose, foreste incantate, creature più o meno raccapriccianti.
C’erano anche temi sorprendentemente moderni, come questa ragazza dal taglio di capelli improbabili che sfidava ogni convenzione facendosi passare per intrepido cavaliere. Anche alcune trovate di trama (Romualdo pietrificato, sempre Romualdo tramutato in nano deforme, dimensioni parallele, ancora Romualdo dimenticato in quattro e quattr’otto per un aitante pirata) sembravano soluzioni di storytelling avveniristico, prima di rivelarsi per quel che erano: espedienti per far uscire di scena un cast riottoso (Rossi Stuart tra tutti).
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2021-12-22 15:42:41