Per cogliere le opportunità bisogna saper essere nel posto giusto, al momento giusto: Fincantieri lo sa e consolida la sua presenza a San Francisco (Usa), città-simbolo dell’innovazione di frontiera nel mondo. La società italiana, tra i leader globali nella costruzione di navi ad alta intensità tecnologica, apre una Innovation Antenna al Mind the Bridge Innovation Center in California. Una scelta presa per esplorare nuovi trend e sviluppare soluzioni innovative nell’ambito delle tecnologie dual-use, quelle innovazioni che sono applicabili sia in settori civili che militari. Gli ambiti di sviluppo riguardano l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, l’automazione e la robotica, tutti settori in cui non si fa fatica a cogliere la convergenza tra applicazioni civili e militari.
“L’industria della difesa è profondamente radicata nel nostro dna – ha detto Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri -. Siamo un laboratorio di innovazione nell’industria pesante, uno dei pochi rimasti in Italia e siamo riusciti a mantenere una leadership mondiale grazie alla nostra capacità di integrare tecnologie complesse, che spaziano dalle navi da crociera alle unità militari. La difesa è per noi non solo una usanza, ma un’area di innovazione continua: attraverso lo sviluppo di tecnologie Dual-Use – ha spiegato il top manager – riusciamo a creare soluzioni che rispondono sia alle sfide civili che militari. In un contesto geopolitico incerto, la capacità di navigare tra questi due mondi diventa una risorsa strategica per l’industria e per il Paese”.
Fincantieri con la stessa Mind The Bridge ha pubblicato un rapporto sulle tecnologie Dual-Use che per la prima volta mappa un settore in forte espansione. L’analisi, che ha preso in esame oltre 60mila startup nei 47 paesi Nato e alleati occidentali, ha evidenziato che tra loro circa il 25% sviluppa tecnologie Dual-Use: 15.260 società. Attualmente, rileva lo studio, solo il 5% delle startup Dual-Use ha implementato tecnologie anche per il settore difesa, evidenziando un enorme potenziale ancora inespresso: 170 sono attive dalla fondazione nel settore militare, mentre altre 715, inizialmente focalizzate su soluzioni civili, hanno svoltato verso la difesa per allargare il loro orizzonte di business. Il report evidenzia inoltre che in paesi come Israele, i tassi di conversione da civile a militare superano il 60%, una tendenza che potrebbe ripetersi in altre regioni.
“La Defense-Tech potrebbe svolgere un ruolo molto più ampio nell’ecosistema dell’innovazione rispetto a quanto finora riconosciuto”, ha scritto Alberto Onetti, presidente di Mind The Bridge, presentando l’analisi. I numeri dimostrano che c’è “un potenziale significativo e non sfruttato per il settore della difesa, in grado di assorbire una porzione molto più ampia delle innovazioni tecnologiche esistenti, in particolare quando le tensioni geopolitiche Proseguono a crescere e il Defense-Tech diventa un obiettivo strategico più importante per gli investitori”. Secondo Onetti, il 2021 è stato l’anno in cui tutto (o quasi è cambiato). “Abbiamo assistito a un cambiamento radicale nel modo in cui il mondo dei venture capital guarda alle startup del settore Defence Tech. Se fino a qualche anno fa gli investimenti erano limitati, adesso – ha chiosato – stiamo osservando un vero e proprio boom, con miliardi di dollari mobilitati ogni anno, sostenuti da programmi come quelli Nato e investitori di primo piano come Andreessen Horowitz, General Catalyst and Y Combinator”.
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di Michele acino www.wired.it 2024-12-20 09:30:00 ,