Grande assente nel dibattito pubblico in vista delle politiche del 25 settembre 2022 è il fintech. La finanza digitale e il mondo delle criptovalute sono fuori dai programmi della maggioranza dei partiti politici italiani, con due sole (vaghe) eccezioni. Eppure il fintech non è affatto un comprimario nell’ecosistema italiano dell’innovazione: secondo le rilevazioni di Growth Capital e Italian Tech Alliance, nella sola prima metà dell’anno sono stati 20 i deal che hanno riguardato la finanza digitale, primo settore in assoluto per numero di round in Italia con oltre 315 milioni di euro attratti in sei mesi (più del 30% dei 996 milioni investiti in totale).
Chi parla di fintech e criptovalute nei programmi?
A parlare finanza digitale nei programmi presentati finora sono il Movimento 5 Stelle e la Lega. Il Carroccio, che non è riuscito a portare la sua proposta nell’accordo di coalizione con Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi moderati, si concentra sulle criptovalute e propone “l’introduzione di un quadro normativo che preveda una specifica definizione e classificazione delle criptovalute e dei token, al fine di svilupparne l’utilizzo e considerata l’esigenza di stabilire anche sul mercato italiano regole per le infrastrutture e gli attori di questo nuovo mondo della finanza digitale”. Il fine, viene esplicitato a pagina 29 del programma leghista, è “individuare misure per il trattamento fiscale delle valute virtuali, superando la mera equiparazione delle criptovalute alle valute tradizionali, al fine di dare certezza a tutti gli operatori del settore”.
Oggi, infatti, l’Agenzia delle entrate equipara le criptovalute alle monete estere e in caso di plusvalenza generata dal trading è prevista una tassazione al 26% ma con una bella no tax area che arriva fino a 51.645,69 euro se le valute vengono conservate nei wallet digitali per almeno sette giorni lavorativi continui durante l’anno.
Il Movimento 5 Stelle, che ha presentato almeno per il momento un programma per punti in 13 pagine decisamente snello, è molto più sintetico. A pagina 11 i pentastellati propongono “di definire un piano industriale basato sulle tecnologie strategiche per il futuro”. Un titolo che contiene un po’ tutto: “Come manifattura digitale, fintech, valute digitali, intelligenza artificiale e robotica, agrifoodtech, aerospazio, web3, semiconduttori, scienze della vita, creazione di contenuti digitali, metaverso, fino ad arrivare a frontiere come nanotecnologie e quantum computing”, scrive il movimento guidato dall’ex premier Giuseppe Conte.
E gli altri?
La finanza digitale non è finora nell’agenda degli altri partiti. Anche la coalizione Azione-Italia Viva, che dedica ampio spazio al tech, sorvola sul fintech e sulle criptovalute, ma tra le altre cose propone chiaramente di “eliminare del tutto la tassazione del capital gain sugli investimenti in startup e venture capital” anche a beneficio delle fintech italiane. Dal Partito democratico, invece, il digitale viene visto come “volano per la crescita sostenibile”, senza idee chiare però sul mondo delle criptovalute e del fintech. Eppure quattro anni fa il Pd fu proprio uno dei primi partiti a portare la finanza digitale al centro della politica, evidenziando nel programma per le politiche del 2018 la necessità di “spingere” il settore per “potenziare i canali di finanziamento alternativi al settore bancario”. In termini tecnologici, è passata un’era geologica.
[Questo articolo sarà aggiornato in seguito alla pubblicazione dei programmi]
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di Michele Chicco www.wired.it 2022-08-26 05:00:00 ,