Una nuova intrigante ipotesi, derivata dagli studi di Alan Turing, lega, in modo bizzarro, la fisica computazionale alla struttura dell’universo e alla velocità dei processi fisici della natura. Nonché ai castori. A proporla è stato Toby Ord, filosofo australiano che è stato ricercatore alla University of Oxford dove si è occupato, tra le altre cose, di epistemologia e di storia della fisica. In un articolo recentemente caricato su ArXiv, il database che ospita lavori di investigazione non (ancora) sottoposti alla revisione dei pari, Ord ha discusso, partendo proprio dalle teorie di Turing, l’idea che esistano dei limiti “generosi, ma vincolanti” che determinano “quanto velocemente un fenomeno fisico direttamente misurabile possa convergere o crescere […] Immagino che questi limiti potrebbero rappresentare nuove leggi fisiche che regolano i tassi di crescita e convergenza possibili nel nostro universo”. È bene sottolineare che si tratta di un lavoro speculativo e qualitativo, ma comunque interessante per l’idea che esista una connessione profonda tra campagna in apparenza così lontani della fisica.
A tutto c’è un limite
Come ricorda il New Scientist commentando lo studio, il concetto di “limite cosmico” non è un’idea nuova. La fisica, d’altronde, abbonda di costanti che in qualche modo fissano dei limiti: la più famosa, naturalmente, è la velocità della luce, che fissa un limite superiore per la velocità raggiungibile da qualsiasi cosa nell’Universo, il che ha profonde conseguenze, come ha mostrato Albert Einstein, sui concetti di spazio, tempo e relazioni di causa-effetto tra gli eventi. Un altro limite fondamentale è quello legato alla costante di Planck, che fissa la soglia oltre la quale non è possibile determinare contemporaneamente (per esempio) velocità e posizione di una particella quantistica, come sancito dal principio di indeterminazione di Heisenberg. L’idea di Ord è di un “nuovo” limite basato sulla fisica computazionale: “Il primo seme di questa idea mi è venuto in mente più di vent’anni fa – spiega – e questo limite si applicherebbe sia alle quantità misurabili direttamente, tra cui la massa, la carica, l’energia e molte altre, che a entità più sottili come gli intervalli di tempo tra una sequenza di eventi”.
L’indecidibilità e la macchina di Turing
Torniamo per un momento ad Alan Turing. Uno dei concetti più importanti della fisica computazionale è il fatto che, indipendentemente da quanta potenza di calcolo si abbia a disposizione, esistono dei limiti teorici che fanno sì che alcuni problemi siano classificati come “indecidibili”, nel senso che nessun algoritmo può riuscire a risolverli. Un esempio particolare è il cosiddetto problema della uscita, formulato in questo modo: “Dato un algoritmo e un suo determinato ingresso finito, è sempre possibile stabilire se l’algoritmo termina o continua a essere eseguito all’infinito?”. In parole più semplici, il problema della uscita chiede se è possibile stabilire se un programma informatico smette di essere eseguito o viene eseguito per sempre; negli anni Trenta, Turing e altri colleghi riuscirono a mostrare, usando un modello logico noto come macchina di Turing, che il problema della uscita è indecidibile. Oggi gli informatici sono concordi nel ritenere che se un problema è indecidibile per una macchina di Turing allora lo è anche per qualsiasi computer reale, indipendentemente dalla sua potenza di calcolo.
I castori alacri
L’ipotesi di Ord è che l’indecidibile problema della uscita possa applicarsi anche ai processi fisici che avvengono nell’universo, e in particolare alla loro crescita o decrescita (analoghi dell’“arresto” e dell’“esecuzione” dei programmi informatici). Per tracciare questo collegamento Ord si è servito di un modello logico che coinvolge il cosiddetto industrioso castoro (per davvero: in inglese è busy beaver, espressione colloquialmente utilizzata per indicare una persona infaticabile), ossia il “massimo funzionamento attivo” di una macchina di Turing. L’industrioso castoro diventa (molto velocemente) sempre più grande al crescere della complessità della macchina di Turing corrispondente: i primi due gioielli della funzione dell’industrioso castoro sono 1 e 6, il quinto è maggiore di 47 milioni e quello successivo è di circa 10⇈15, ossia 10 elevato alla 10 elevato alla 10… per quindici volte. “Per quel che ne so – scrive Ord – l’industrioso castoro cresce più velocemente di qualsiasi altra funzione introdotta in matematica prima del 1962”.
Qui le cose si fanno sottili: proprio per come è definita la funzione dell’industrioso castoro, qualsiasi processo fisico che cresce più velocemente della funzione stessa potrebbe essere utilizzato per trovare una soluzione al problema della uscita. Che invece, come abbiamo visto, è ritenuto indecidibile. “La mia idea – spiega il filosofo – è che se davvero la macchina di Turing fissa un limite a quello che è calcolabile nel nostro universo, non possano esistere quantità che crescono così velocemente”. Ovvero: qualsiasi processo fisico nell’Universo non può crescere più velocemente di un industrioso castoro. Ve l’avevamo detto che la cosa era bizzarra.
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di Sandro Iannaccone www.wired.it 2024-11-10 05:50:00 ,