Se guardando la nuova stagione di Fondazione su Apple TV+ avete pensato “Wow, lo spazio è fantastico. Vorrei che fosse davvero così”, siete fortunati: potrebbe esserlo davvero.
Lo showrunner David S. Goyer ha infatti dichiarato che la serie di fantascienza – un adattamento del ciclo letterario di Isaac Asimov – ha perfezionato i dettagli cosmici collaborando con Kevin Hand, uno scienziato che lavora al Jet Propulsion Laboratory della Nasa e che attualmente è impegnato a risolvere gli aspetti logistici dell’atterraggio di un rover su Europa, una delle 95 lune conosciute di Giove. Ma per le sue immagini spaziali lo show ha trovato l’ispirazione anche nelle recenti immagini inviate dal James Webb Space Telescope (Jwst).
Tra scienza e complessità
Anche quando non può attingere direttamente da un’immagine del telescopio – per esempio quando deve creare qualcosa che, per quanto ne sappiamo, non esiste già da qualche parte nello spazio – la serie si comunque rivolge alla scienza. “La mia troupe per gli effetti visivi e il design della produzione è composta da geek – racconta Goyer –. Leggiamo tutte le riviste scientifiche e i vari articoli che escono, e ci esaltiamo quando vediamo che c’è una base scientifica per una singolarità triangolare“. Quando per esempio stava lavorando alle astronavi della seconda stagione, in grado di superare la velocità della luce, il team di Goyer ha deciso di fare in modo che creassero una singolarità triangolare invece che una ad anello. “Ecco quanto siamo geek“, sottolinea Goyer.
Tutto questo è necessario. La popolare serie fantascientifica di Asimov da cui tratta la serie è piacevolmente densa. Non si limita a contemplare porzioni enormi di tempo e di spazio, ma lo fa anche in modo non lineare, spingendo gli spettatori (e gli attori) a chiedersi in che punto della storia ci si trovi in un dati momento. Pianeti e paesaggi diversi comportavano anche luoghi e orari diversi per le riprese, il che significa che Goyer e la sua squadra hanno dovuto essere sempre all’erta. “Realizzare la serie è incredibilmente complesso e a volte soverchiante, soprattutto perché dobbiamo girare paese per paese – spiega lo showrunner –. Può capitare che gli attori e i registi siano confusi sul punto della trama a cui ci troviamo, e così Proseguono ad arrivarmi chiamate o messaggi in cui mi chiedono: ‘Aspetta un secondo, cosa sta succedendo? Cosa sta succedendo qui?’ Per fortuna ho già quasi tutto chiaro in testa“.
I temi al centro della nuova stagione
Per la seconda stagione, in queste telefonate si è parlato molto di guerra, in particolare quella tra l’Impero Galattico e la Fondazione, oltre che degli incroci tra scienza e fede. In un luogo in cui esistono sia la psicostoria che la predestinazione, quanto contano le scelte personali? Gli individui hanno davvero facoltà di decidere se tutto è solo un mezzo per raggiungere un fine?
Questa è una domanda di particolare interesse per il personaggio di Lee Pace, Brother Day, uno dei tre cloni imperiali. Ha da poco scoperto che il suo dna, apparentemente perfetto, è stato in realtà da tempo compromesso dai ribelli, una svolta che mette in discussione il suo diritto a governare. Sebbene affronti ogni situazione spinosa con grande sicurezza e forza – come quando, nella prima stagione, riesce addirittura a sventare un attacco senza vestiti addosso – Brother Day è ancora concentrato a rafforzare il suo potere, soprattutto quando si rende conto che la Fondazione che pensava di aver sconfitto prospera ancora ai margini della galassia. “In questa stagione – spiega Pace –, Day è pienamente consapevole di essere un umano che abita questo ruolo impossibile. È interessato a porre fine alle turbolenze creando un matrimonio e, man mano che la stagione procede e le tensioni con la Fondazione iniziano a crescere, vede in questo il suo momento di grandezza. Non è in grado di vedere le vere cause della pressione a cui è sottoposto, convinto com’è di essere responsabile della galassia, e non è più in grado di essere ragionevole e responsabile per quando riguarda il suo corpo fisico“. Nonostante le premesse, però, è sempre meglio non sottovalutare Brother Day e il resto dei Cleon: “Quello che mi piace di più dei Cleon è che […] danno il meglio quando hanno le spalle al muro“, sottolinea Pace.
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di Marah Eakin www.wired.it 2023-07-17 15:59:15 ,