Lola ha 16 anni e studia al liceo. In mano stringe un cartello con la scritta “la gioventù contro Macron”. Lisa è poco più grande e il suo manifesto recita: “Più due anni, i vecchi al lavoro. Più due gradi, i giovani sotto l’acqua”. Jeanne è al primo anno di università e si è fatta due strisce bianche sotto gli occhi per simulare le rughe: “Guardaci Macron, questa non è la vita che vogliamo”. In Francia, la decima giornata di mobilitazione nazionale contro la riforma delle pensioni è occupata giovani: quelli che in francese sono chiamati semplicemente “la jeunesse”, quelli messi sotto accusa perché disertano in massa le urne quando c’è da votare e tirati in ballo dal presidente della Repubblica come presunti beneficiari dell’aumento dell’età pensionabile. Loro non la pensano così e, nel momento in cui lo sciopero sembra indebolirsi e la tensione sociale aumentare, sono entrati in campo e lo hanno fatto in massa: 500 i licei bloccati in tutta la Francia, decine le università che hanno votato per lo sciopero a oltranza in assemblee generali con decine di persone. “Oggi è una svolta, da ora in poi ci siamo anche noi”, grida al megafono Simon. “Saremo al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici fino al ritiro della riforma”. Poco dietro, ci sono gli studenti delle scuole d’arte di tutto il Paese: hanno uno slogan che scandiscono senza sosta: “Siamo giovani, precari, i rivoluzionari”. Hanno i cartelli più colorati, perfino un manichino in cartone di Macron che esce da un bidone della spazzatura. E una riproduzione in cartapesta di Elisabeth Borne. “Siamo giovani, precari, i rivoluzionari”, gridano in coro.
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Non era e non è scontato che ci fossero anche loro. Non è detto che sia determinante, ma rende ancora più complicato per il governo spegnere le proteste. Lo dimostra, tra le tante, la manifestazione di Parigi: quasi mezzo milione di persone, quasi un milione in tutta la Francia. Sono numeri sicuramente più bassi rispetto al giovedì precedente, ma ancora cifre enormi se si considera il fatto che la mobilitazione va avanti da settimane e, al momento, non vede una fine. I giovani poi, portano sul tavolo nuovi temi e allargano la prospettiva. “Da quando Macron ha scavalcato il Parlamento, tra noi è scoppiata una vera e propria rabbia”, continua Simon che di anni ne ha 23 e guida il gruppo che mette insieme le università parigine e della banlieau. “Noi ci mobilitiamo contro un sistema: contro la riforma delle pensioni, contro la precarietà, contro un governo che reprime con la violenza chi si mobilita, contro la legge sull’immigrazione. Noi aspiriamo a un’altra società, che salva il pianeta e che lotta contro le disuguaglianze. Se ci sono i giovani in strada, se andiamo a sostenere i picchetti dei lavoratori, sarà molto più duro per Macron tenere il punto”.
Lola non è la più giovane a sfilare. Con lei ci sono decine di compagni di classe e delle scuole vicine. Saltano e ballano al grido di “la grève generale”. “Se aumenta l’età pensionabile”, dice la giovane di 16 anni, “per noi sarà ancora più difficile entrare nel mercato del lavoro. Da Macron esce solo il disprezzo per noi e per chi lavora: per lui ci sono persone che non sono niente. Ecco perché oggi ho deciso che dovevo manifestare”. Intanto Ynaé gironzola tra i manifestanti con un cartello sulle spalle: “La terra brucia”. E Lisa, che sventola il suo manifesto che associa pensioni e clima, lo rivendica: “Il governo pensa solo ai profitti e vuole farci lavorare di più per aiutare le grandi imprese. Tutte le tematiche di lotta sono legate e non c’è più nessuna battaglia che non possa tenere in conto l’emergenza climatica”. Lo pensa anche Jorge, scienziato spagnolo di 29 anni che lavora a Parigi in un laboratorio: sventola un lenzuolo per i “climatologi in sciopero” e la scritta “chi avrebbe potuto prevedere la convergenza delle lotte?”. Fa il verso a tutti quelli che negano l’emergenza climatica e che “si rifiutano di capire che non c’è più tempo per pensare a un mondo diverso”: “Se non pensiamo al clima presto non avremo una pensione di cui preoccuparci”, dice. “Forse se in Spagna e in Italia avessimo avuto il coraggio di protestare così, non ci troveremmo ad andare in pensione così tardi”.
I ventenni e trentenni che sfilano per le strade di Parigi pongono a Macron e a tutti domande ben precise. Chiedono un cambio radicale nel sistema e se non succederà niente, sostengono che non resteranno a guardare. “Vogliono che lavoriamo fino alla fine delle energie, ma noi non ci stiamo”, dice Mathieu che ha 22 anni, fa il commesso ed è anche segretario federale dei giovani comunisti a Parigi. “Siamo qui per dire che la pensione non è l’anticamera della morte ma una nuova tappa della vita. E’ un momento importante per dedicarsi alle cose che piacciono, per fare davvero politica”. E poi, continua, “in Francia sono decenni che ci sono degli esoneri fiscali per le imprese. Devono pagare loro, non i lavoratori. Macron non ci dica che non ci sono più soldi. Dica che non c’è la volontà per risolvere”. Alla manifestazione lo pensano e lo dicono tutti: il presidente della Repubblica mente. Anzi, dice Karine che ha 39 anni e fa la professoressa, “governa aiutando i ricchi e ora chiede a noi i sacrifici. Che chieda ai suoi amici. Tassi i superprofitti e vediamo che trova subito i soldi. Può ripartire finalmente le ricchezze”.
I più rumorosi e colorati sono gli studenti e le studentesse delle scuole d’arte: il loro contributo non solo è importante, ma è anche storico perché tutti ricordano il ruolo avuto dagli artisti ai tempi del maggio 1968. Ecco perché a loro ci si rivolge per avere gli slogan e a loro si chiedono i manifesti. Amelie, ad esempio, ha riprodotto Elisabeth Borne: “L’ho fatta anziana, con i suoi occhiali. Perché deve vedersi tutto il controsenso di una donna che dovrebbe rappresentarci e invece ha fatto la riforma che più danneggia le lavoratrici”.
Ma non c’è solo la richiesta di rottura con il passato. I manifestanti sanno e vogliono creare dei ponti tra le generazioni. Gli studenti della facoltà Malesherbes hanno uno striscione che recita: “Siamo qui per i nostri genitori sfruttati e i nostri futuri sabotati”. Jeanne lo dice come prima cosa: “Vengo da Tolosa e sono qui perché dovevo fare qualcosa. A mio papà mancano due anni prima della pensione e non ne può più”. Anne è al corteo proprio in rappresentanza dei familiari che non possono esserci: “Io studio, loro non potevano mollare il lavoro. E allora ho detto che sarei andata a manifestare per loro”. L’alleanza tra generazioni c’è, almeno chi partecipa al corteo la rivendica. Elene ha 73 anni e un passato da consulente. E’ in pensione, ma voleva esserci a tutti i costi anche per questo sciopero: “Non bisogna essere egoisti e pensare solo a se stessi. Io manifesto per i giovani che dovranno lavorare due anni di più a prescindere dall’impiego. Aveva detto che si sarebbe sconfitto per la parità tra uomo e donna e invece fa una riforma che danneggia tutte le donne. La folla, come la chiama Macron, è molto determinata”. Poco distante c’è poi Monique, che a metà corteo si è dovuta sedere dieci minuti per riprendere fiato. “Faccio quello che posso, ma non potevo mancare”, ha 75 anni e ha lavorato per una grande impresa di assicurazioni. “ E’ indegno quello che sta facendo Macron. Ma è anche incredibile e bellissimo vedere questi giovani che scendono in piazza ogni volta che parla. Fossi in lui avrei molta paura perché non mi sembra abbiano alcuna intenzione di mollare. Anche perché qui in ballo ci sono conquiste ottenute dopo anni e anni di battaglie. Non possiamo rinunciare. Abbiamo passato la pandemia ad applaudire i lavoratori e questo è il trattamento che riserva loro? Una vergogna. Spero che anche in Europa ci guardino, dall’Italia alla Germania, e che ci seguano in tanti”.
Il corteo inizia alle 14 e per più di tre ore sono solo slogan urlati, canti e balli. In testa ci sono i giovani delle università e dei licei, dietro i ferrovieri, gli autisti di bus, gli insegnanti e il personale sanitario. Intorno alle 18 si blocca tutto e iniziano i lanci di lacrimogeni: un gruppo di black bloc ha appiccato due fuochi e la polizia ha iniziato a lanciare lacrimogeni. Il clima si scalda e, ad ogni agente che passa, il coro è unanime: “Tout le monde déteste la police”, gridano. “Tutto il mondo detesta la polizia”. Ecco perché quando la manifestazione finisce e inizia la guerriglia nessuno si lamenta, anzi. In tanti però se ne vanno. Clement prende la sua bicicletta da cui sventola una bandiera rossa e la scritta “Un violento desiderio di felicità”. “E’ il titolo di un film e una frase che amo molto”, dice. “E credo che sia anche l’unico motivo per cui continuiamo tutti a protestare”.
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di Martina Castigliani
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2023-03-28 22:16:04 ,