Alle 13 di giovedì 24 agosto, fuso orario di Tokyo, il Giappone ha cominciato a riversare nell’oceano Pacifico l’acqua accumulata dopo il disastro all’ex centrale nucleare di Fukushima, causato dal terremoto e dallo tsunami del 2011. Poche ore dopo, il prezzo del pesce sul mercato ittico giapponese è cominciato a calare e la Cina ha vietato l’importazione di tutti i prodotti pescati lungo le coste di tutte le isole nipponiche, mentre la Corea del Sud ha mantenuto intatto il divieto sui prodotti provenienti dalla regione di Fukushima.
Situazione sotto controllo
Dopo oltre 10 anni di stoccaggio e operazioni di depurazione e decontaminazione, due anni di monitoraggio e 140 pagine di rapporto, lo scorso luglio l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha ritenuto sicuro il piano giapponese di smaltimento delle acque di Fukushima. Decisione motivata dai tempi stabiliti per completare lo sversamento, tra i 30 e i 40 anni, e dalla presenza di quantità minime di sostanze radioattive, non dannose per piante o animali.
Infatti, dopo essere state filtrate e depurate da tutte le sostanze radioattive più pericolose, nelle 1,3 milioni di tonnellate di acque di Fukushima sono rimasti solo il carbonio 14, che secondo la rivista Nature non comporta alcun pericolo nelle quantità presenti, e il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno presente naturalmente sia nel mare che nell’atmosfera.
Essendo molto simile all’idrogeno è difficile separarlo dall’acqua e per questo, a differenza delle altre sostanze, non è stato possibile rimuoverlo. Ed è la presenza di questo isotopo ad aver fatto sollevare proteste e dubbi sulla sicurezza del piano, anche se l’acqua sarà ulteriormente diluita per far scendere la concentrazione al di sotto dei limiti di sicurezza stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità.
I riflessi sull’economia
Tuttavia, nonostante le rassicurazioni della comunità scientifica, il piano del Giappone sta avendo un effetto negativo sull’economia del paese, come si legge sul quotidiano Asahi Shimbun, in particolare per il settore ittico e per la comunità di pescatori di Fukushima, che vengono da oltre 10 anni di crisi e di embarghi sui loro prodotti che hanno ridotto il settore a un quinto del valore e dell’estensione precedente al 2011.
E se la Corea del Sud, come riporta sempre l’Asahi Shimbum, ha già vietato e continua a vietare solo i prodotti ittici provenienti dalle coste di Fukushima, la Cina ha deciso di vietare l’importazione dei prodotti pescati lungo l’intera costa giapponese, si legge sul quotidiano Nikkei. Decisione che ha fatto svanire nel nulla il principale mercato di esportazione ittica di Tokyo, che assicurava al Giappone entrate per un miliardo di dollari, assieme a Hong Kong.
Tuttavia, la scelta di Pechino è stata accusata di essere ipocrita e dettata da ragioni politiche per danneggiare l’economia del Giappone, piuttosto che dettata da reali preoccupazioni per la salute. Infatti, come riporta il Guardian, la Cina riversa da anni le acque delle sue centrali nucleari in mare, con concentrazioni di trizio molto più alte rispetto a quelle giapponesi e, allo stesso tempo, non ha vietato l’importazione dei prodotti ittici della Corea del Sud, che riversa nell’oceano acqua contenente il triplo del trizio di quella di Fukushima dalla sua centrale di Kori, vicino Busan.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2023-08-25 11:00:57 ,