di Simone Cosimi
Si tratta solo di una parte del problema: oltre ai 3.5 milioni di ettari distrutti ogni anno a livello mondiale, e ad altri 200mila soggetti a deforestazione e depauperamento del suolo, il tabacco è un’industria globalizzata per eccellenza, e dunque pesantissima dal punto di vista della supply chain internazionale. Infine, i miliardi di miliardi di sigarette dispersi nell’ambiente producono rifiuti tossici e il rilascio di sostanze chimiche nell’aria, nell’acqua e nei terreni.
L’Italia fra i sistemi istituzionali più influenzati da Big Tobacco
Dal terzo Global Tobacco Industry Interference Index pubblicato lo scorso novembre e relativo all’anno 2021 si capisce anche che l’Italia, con 79 punti su 100, è tra i paesi in cui le politiche relative al tabacco sono più esposte all’interferenza dell’industria. Siamo preceduti solo dalla Repubblica Dominicana, dalla Svizzera, dal Giappone, dall’Indonesia e dalla Georgia, alla pari con la Romania. L’industria del tabacco, d’altronde, ha saputo ribaltare in modo radicale la sua comunicazione e perfino il suo ruolo nella società, interrompendo quel lento declino a cui questa pessima abitudine sembrava destinata dopo l’approvazione della legge Sirchia sul divieto di fumo al chiuso nei locali pubblici (era il 2003).
Due, come segnalava a dicembre Scienza in rete, i momenti cruciali: l’apparizione, nel 2004, delle sigarette elettroniche e, dieci anni dopo, delle sigarette a tabacco riscaldato. Due novità merceologiche che hanno consentito a Big Tobacco di vestire i panni del “mitigatore del rischio”. Come? Riconoscendo almeno in parte il danno delle sigarette tradizionali ma al contempo alimentando da anni una retorica fortemente lifestyle, fatta di prodotti “leggeri”, considerati poco dannosi perché evitano la combustione, e guadagnadosi così il beneplacito della politica sotto forma di riduzione delle tasse e ripresa della tabacchicoltura. In compenso, non c’è traccia di sviluppi per la proposta di legge presentata lo scorso inverno in Senato dal Movimento 5 Stelle che propone di estendere il divieto di fumo anche all’esterno di bar, ristoranti, stadi, parchi, monumenti e spiagge.
Il sostegno all tabacchicoltura
Già, perché se è vero che l’Unione europea è responsabile di meno del 2% della produzione annua globale di tabacco greggio – nel 1991 se ne coltivavano 400mila tonnellate, nel 2018 solo 66mila – è altrettanto vero che l’Italia è fra i principali produttori insieme a Spagna, Polonia, Grecia, Croazia, Francia, Ungheria e Bulgaria, che rappresentano il 99% della produzione di tabacco nell’Ue nel complesso praticata in 12 paesi. Tornando al nostro paese, è di poche settimane fa l’ultimo accordo in questo senso fra ministero delle Politiche agricole e Philip Morris Italia che per il 2022 hanno rinnovato gli accordi per la promozione della filiera tabacchicola italiana – concentrata soprattutto in Campania, Umbria, Veneto e Toscana – che dà lavoro a 50mila addetti fra coltivazione e trasformazione primaria.
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www.wired.it
2022-05-30 12:24:06