Chiamarle startup, o se preferite aziende giovani, è riduttivo e forse fuorviante. Nate spesso più di venti anni fa, sono compagnie che hanno già raccolto centinaia di milioni di euro in finanziamenti e sono impegnate in un campo, quello della fusione nucleare, dove non si muovono i primi passi in un garage. La Fusion Industry Association sostiene che almeno 33 diverse aziende stanno inseguendo questo nucleare di nuova generazione e prevede si arrivi concretamente alla fornitura di energia entro il 2030. Nel complesso hanno raccolto almeno 2,8 miliardi di dollari quest’anno, portando gli investimenti totali del settore privato a 4,8 miliardi di dollari, con un aumento dei finanziamenti del 139% rispetto al 2021.
Un momento di grazia o, come lo hanno definito negli Usa, un “Kitty Hawk moment”, riferendosi alla cittadina di Kitty Hawk, nella Carolina del Nord, dove i fratelli Wright hanno fatto la storia con il loro primo volo in aereo a motore nel 1903. E l’esperimento del Lawrence Livermore National Laboratory (Llnl), laboratorio di ricerca del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America gestito dall’Università della California, sembra confermarlo. “Il settore privato è fondamentale”, ha spiegato la segretaria all’energia Usa Jennifer M. Granholm durante la presentazione dei risultati dell’esperimento dei Llnl. “Gli istituti di ricerca pubblici possono compiere dei passi, ma è evidente che una tale rivoluzione ha bisogno della presenza di compagnie private”.
Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna, Cina, Giappone, Canada sembrano i Paesi nei quali si sta puntando di più su questa tecnologia. Lasciando da parte chi lavora su altre forme di nucleare, come l’italiana NewCleo che ha raccolto 400 milioni da fonanziatori come Exor, oltreoceano di compagnie che hanno già un peso specifico non indifferente ce ne sono quattro: Commonwealth Fusion Systems (Cfs), Tae Technologies, Helion e Zap Energy. La prima, costola del Plasma Science and Fusion Center del Mit e nella quale hanno investito anche Eni, Google, Bill Gates e George Soros, in cassa dovrebbe avere oltre un miliardo e 800 milioni di dollari.
Segue Tae Technologies, con circa un miliardo e 200 milioni di finanziamenti arrivati sempre da Google, oltre a Chevron, Kuwait e il giapponese Sumitomo Group. In Helion, che ha ottenuto mezzo miliardo di dollari, hanno invece puntato fra gli altri Sam Altman, attualmente a capo di Open Ai, e Peter Thiel, cofondatore di PayPal, della controversa Palantir e noto per le sue posizioni conservatrici e libertarie. Alle spalle di Zap Energy, può contare su 200 milioni di dollari in finanziamenti, ritroviamo Chevron assieme a Shell.
Google a Tae Technologies, oltre all’investimento, ha fornito la sua intelligenza artificiale. Il dispositivo della Tea, chiamato C2W “Norman” dal nome del ideatore, il fisico Norman Rostoker deceduto nel 2014, è una lunga stecca di trenta metri e diverso quindi dagli altri reattori fatti a forma di ciambella. Le Ai del colosso del web vengono usate per tenere sotto controllo il processo e, apprendendo, per migliorarlo così da aumentare l’efficienza. Anche qui l’obiettivo è arrivare ad un reattore pronto per il mercato entro i prossimi otto anni.
Più a nord, in Canada, la General Fusion ha attirato l’attenzione di Jeff Bezos, il “padre” di Amazon e Tobias Lütke, a capo di Shopify. Antagonisti nel campo del commercio elettronico, si trovano fianco a fianco nel sostenere questa azienda che nel complesso ha racimolato 400 milioni. “La commercializzazione dell’energia da fusione è a portata di mano e General Fusion è pronta a consegnarla entro il 2030”, ha dichiarato poche ore fa Greg Twinney, che guida la compagnia canadese. È chiaro che ormai si tratta di una corsa contro il tempo, anche per accaparrare più investimenti.
Le altre realtà che stanno partecipando a questa gara sembrano essere più indietro, oltre ad avere fondi che si contano in decine di milioni e non più in centinaia. Le britanniche First Light e Tokamak Energy ad esempio, l’americana Phoenix o la giapponese Helical Fusion. A differenza di quelle più importanti menzionate all’inizio, che hanno tutte oltre venti anni di storia alle spalle, quest’ultima è nata lo scorso anno. È però sostenuta da una multinazionale del calibro di Sony. “Molti investitori in Giappone esitano a investire denaro in questo settore perché l’energia da fusione è ancora in fase di sviluppo”, ha lamentato l’amministratore delegato Takaya Taguchi. Cosa che invece non accade negli Stati Uniti e in Europa dove al contrario si crede sempre di più che il nucleare di nuova generazione sia a portata di mano.
Source link
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-12-14 07:04:21 ,
www.repubblica.it
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-12-14 07:04:21 ,
Il post dal titolo: Fusione nucleare: le startup dell’energia pulita nel mondo scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-12-14 07:04:21 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue