Nelle scorse tre settimane quasi 1.500 persone in Israele e oltre 9.000 a Gaza sono state uccise nel conflitto tra lo Stato ebraico e Hamas. È una cifra che non ha pari negli scontri guerre degli ultimi cinquant’anni in Palestina. Questo, almeno, è ciò che si può dire o scrivere se ci si attiene ai numeri ufficiali emersi dalla regione. A metterli in dubbio, non per primo ma da una posizione di rilievo unica, è stato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il 26 ottobre, dicendo che i dati sulle vittime palestinesi provenienti dal ministero della Salute di Gaza vanno presi con le pinze. “Non ho alcuna idea che i palestinesi dicano la verità su quante persone sono state uccise – ha detto Biden ai giornalisti -. Non ho fiducia nel numero che i palestinesi stanno usando“.
Sono commenti che hanno incendiato i sostenitori della causa palestinese, secondo i quali si trattava di una negazione della sofferenza dei civili dopo settimane di assedio e di bombardamenti indiscriminati. Non ha aiutato, alla causa, anche la vicenda mediatica dell’ospedale di Gaza bombardato due settimane fa, attacco largamente attribuito nelle prime ore dalla stampa occidentale a un incursione aerea israeliana, poi più probabilmente causato da un razzo di Hamas finito fuori bersaglio o intercettato dal sistema di difesa di Gerusalemme. Il numero inizialmente diffuso di morti, 500, è risultato incongruo con le prime immagini diffuse all’indomani della tragedia e poi ridimensionato. Quelli schierati sul fronte pro-Israele, così, hanno avuto un’arma retorica in più per dubitare di ogni cifra emessa dal gruppo radicale che controlla la Striscia.
Nonostante la propaganda incrociata, si è fatta largo tra gli addetti ai lavori una discussione su come vengano prodotti questi numeri sulla loro affidabilità, con alcuni che sostengono che le cifre riflettono un lavoro accurato da parte dei medici sul campo, e altri che invece li ritengono politicizzati o influenzati da Hamas.
L’analisi
Due studiosi, Michael Spagat e Daniel Silverman, rispettivamente economista della Royal Holloway University di Londra e politologo della Carnegie Mellon University di Pittsburg, specializzati nel conteggio dei morti nelle guerre, hanno affrontato i dati sulle vittime provenienti da Gaza per capire cosa dicono su chi è stato ucciso. Hanno ottenuto così dal ministero della Salute di Gaza, l’organo ufficiale responsabile di quei dati e di fatto emanazione di Hamas, un documento senza precedenti che elenca il nome, il numero di identificazione, il sesso e l’età di ciascuna delle vittime registrate fino a quel momento.
Passando a setaccio quei numeri, relativi anche alle guerre passate tra Israele e Hamas, i due ricercatori li hanno trovati consistenti con quelli forniti da un progetto di censimento alternativo, condotto dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B’tselem. Va notato che i numeri di B’tselem non sono privi di controversie, con critici che sostengono che ci sono 14 casi che l’organizzazione avrebbe classificato erroneamente come “non uccisi mentre combattevano“. Tuttavia c’è una stretta coerenza tra i dati del ministero della Salute e delle Nazioni Unite per le guerre di Gaza del 2008, 2014 e 2021. In poche parole i dati di Hamas nei conflitti precedenti con Israele si sono dimostrati affidabili, ed è probabile che lo siano anche stavolta.
Leggi tutto su www.wired.it
di Paolo Mossetti www.wired.it 2023-11-04 06:00:00 ,