Siccità, temperature elevatissime, crisi alimentare. Potrebbero essere alcune delle parole che meglio descrivono questo anomalo anno che stiamo vivendo. Ma sono anche gli elementi base su cui si sviluppa la trama di un film di cinquant’anni fa, il cui titolo appare oggi quasi circondato da una misteriosa forza profetica. Stiamo parlando di 2022: i sopravvissuti, diretto da Richard Fleisher e uscito in sala nell’aprile del 1973. Il film è tratto dal romanzo di Harry Harrison “Largo! Largo!” e racconta di una terra che, nel 2022, è quasi invivibile per inquinamento, sovrappopolazione e clima torrido. Il cibo è razionato, solo i ricchi possono mangiare ancora frutta, verdura e carne. Per gli altri il sostentamento è dato da misteriose gallette verdi (soylent green). Il poliziotto Thorn (Charlton Heston) deve indagare sulla morte di un facoltoso industriale e, alla fine, fa una drammatica scoperta.
La scelta del distributore italiano di inserire nel titolo l’anno di ambientazione appare oggi quindi quasi divinatoria. Il gioco delle date nel titolo internazionale, con cui il film è noto in tutto il mondo, Soylent Green si perde. Ma ciò in realtà non indebolisce l’importanza del film che non può essere inquadrato semplicemente come un’opera di fantascienza, ma appare carico di una sincera ansia ecologica che lo pone tra le opere pilota di un nuovo filone cinematografico green. Tra gli anni sessanta e il decennio successivo la questione ambientale, infatti, emerge a livello planetario come fase conclusiva di un lungo processo di maturazione.
Un percorso che prende le mosse anche dal libro che viene ritenuto comunemente l’antesignano del movimento ambientalista, Primavera silenziosa (Silent Spring), scritto dalla biologa e zoologa statunitense Rachel Carson nel settembre del 1962. Il titolo, di grande effetto, nasceva dalla constatazione del silenzio registrato nei campi, dovuto alla moria degli uccelli a causa dell’uso del DDT e dei fitofarmaci. Non è un caso che anche il film Uccelli di Hitchcock dell’anno successivo si apre oggi a una lettura ambientalista. Cinema e letteratura viaggiano spesso insieme in quegli anni.
Il libro della Carson, anticipava di qualche tempo la pubblicazione, nel 1968, dello studio Population bomb dei coniugi Ehrlich, una coppia di scienziati della Stanford University, che lanciò un forte allarme sull’incremento demografico che si riteneva incontrollato, a cui seguiranno i lavori di Lynn White, di Aarne Naess e Barry Commoner solo per citare alcuni dei padri dell’ecologismo.
Pochi anni più tardi sarà il rapporto Meadows a tracciare le prime basi scientifiche dei progressivi danni che l’uomo stava recando all’ambiente. Nel 1968, infatti, l’economista italiano Aurelio Peccei, ideatore del Club di Roma, incaricò il MIT (Massachusetts Institute of Technology) di redigere il rapporto Limits to Growth, noto anche come Rapporto Meadows, dal nome del responsabile scientifico, che nel 1972 mise in evidenza l’insostenibilità dell’incremento demografico e dello sfruttamento delle risorse naturali.
Il cinema in quegli anni compie un salto qualitativo verso la conquista di una “eco-coscienza”. La risposta del grande schermo alle preoccupazioni sul destino del Pianeta è immediata. Gli allarmi denunciati su un piano scientifico dal rapporto e in altre pubblicazioni trovano espressione, oltre che nel film di Fleisher, anche nel meno famoso film di Douglas Trumbull Silent running, uscito in sala proprio nel 1972 e distribuito in Italia con il titolo 2002: la seconda odissea. La sensibilità ecologista qui è ancora più marcata.
La terra, nell’anno 2002, reduce da un conflitto nucleare vive una pressoché totale urbanizzazione. Tutta la vegetazione è stata sacrificata per far spazio alle città e anche il cibo è ormai sintetico e insapore. Appena fuori dall’orbita di Saturno, su delle astronavi, sono state costruite enormi cupole, simili a delle serre, dove il comandante Lowell Freeman (Bruce Dern), con una piccola squadra di giardinieri spaziali cura e protegge le ultime piante. Quando riceve dalla terra l’ordine di distruggere tutto e tornare, si rifiuta e inizia una fuga silenziosa, la silent running appunto, e senza speranza.
Stessi scenari vengono riproposti, con suggestive variazioni sul tema, da film che ottennero al tempo una vasta eco come Il pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner, La fuga di Logan diretto da Michael Anderson. Sono film-traino e lasciano in eredità ai registi successivi un immaginario eco-apocalittico che influenzerà la loro futura produzione cinematografica. Tra questi anche il premio Oscar Bong Joon-ho e le sorelle Wachowski che rispettivamente nel film Snowpiercer e in Cloud Atlas citano apertamente il film di Fleicher, come del resto fa anche la sitcom I Simpson. Per questo scene come quella in cui il protagonista scopre i reali ingredienti della galletta con cui si nutre la cittadinanza in Soylent Green; la vista della Statua della Libertà semisommersa nella sabbia in Il pianeta delle scimmie; la svelamento di cosa si nasconda dietro la cerimonia del carosello in La fuga di Logan sono sequenze ben posizionate in uno scaffale della videoteca delle paure legate al futuro no-green dell’umano.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-08-06 06:00:18 ,
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Il post dal titolo: Già 50 anni fa un film raccontava siccità e crisi alimentare del 2022 scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-08-06 06:00:18 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue