CAGLIARI — Il gagliardetto rossoblù con il tricolore al centro lo porta in ospedale un tifoso 75enne di un paesino dell’interno. La foto con il gol di testa in tuffo al San Paolo contro la Germania Est è nel poster di un ragazzo commosso che non l’ha mai visto giocare: «Ma conosco a memoria i filmati e ascoltato decine di volte i racconti di mio padre e dei miei zii. Uno come lui oggi segnerebbe 50 gol a stagione!». Alle otto di sera avanzano una manciata di minuti. Gigi Riva se ne è andato alle 19.30 di lunedì 22 gennaio. Leggenda, roccia, icona e signore di modi e comportamenti trasparenti e determinati, saluta così. A 79 anni e neanche tre mesi, dice addio a quella che era diventata la sua seconda terra, a metà pomeriggio di una giornata gelida. La Sardegna, i tifosi e gli sportivi, piangono il mancino letale di un calcio che non c’è più. Stroncato da un arresto cardiaco.
Gigi Riva in ospedale
Rombo di Tuono è arrivato all’Arnas Brotzu alle 3 del mattino di lunedì. La prima diagnosi non è favorevole: «La coronarografia ha evidenziato un quadro clinico severo. Dopo un consulto multicollegiale gli abbiamo prospettato un intervento di angioplastica. Ci ha pensato un po’ ma ha rifiutato. E senza il suo consenso ci siamo fermati». Raimondo Pinna, direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera di Cagliari, pesa le parole. «Gli ho prospettato l’angioplastica avvertendolo che, senza procedere, avrebbe rischiato il decesso. Lui, molto sereno, mi ha detto che preferiva pensarci e parlarne prima con i familiari. Gli ho chiesto se avesse tutto quel che gli serviva, mi ha ringraziato e l’ho salutato. Avremmo provato a convincerlo domani (oggi, ndr)» spiega Marco Corda, primario di Cardiologia. Il pomeriggio per il bomber dei bomber trascorre serenamente. Ha l’affetto dei figli Mauro e Nicola e della loro madre, la compagna Gianna Tofanari. «Sereno, disponibile, chiacchierava tranquillamente. Nulla lasciava presagire un evento così tragico e irrimediabile» aggiunge il dottor Pinna. Al quarto piano dell’ospedale, camera numero 7, intorno alle 16, Gianna Tofanari dà il cambio ai figli: «Papà sta bene, vado un po’ a riposare» dice Nicola. Gigi da Leggiuno, che si sente «più sardo di un sardo perché la Sardegna l’ho scelta e perché i sardi sono come me: taciturni e schivi», pare non temere sgambetti. Per uno che ha dato le gambe alla Nazionale, poi.
Gigi Riva e l’arresto cardiaco
Alle 17.50 un arresto cardiaco. «Era sotto controllo, monitorato, siamo intervenuti rapidamente. Le condizioni, in un quadro con una patologia molto severa, si sono aggravate. Siamo corsi in sala di Emodinamica mentre gli veniva praticato il massaggio cardiaco, le manovre rianimatorie ed eseguite in piena emergenza tutte le misure del caso» spiega Brunello Loi, primario del reparto. Alle 20, dopo un bollettino incoraggiante ma illusorio, la nota dell’Arnas Brotzu.
La notizia della morte di Gigi Riva
Nel vasto parcheggio si incrociano i primi volti segnati dalle lacrime, sospiri. Il tam tam tra i tifosi, tra media e social, è assordante. Gigi Riva non c’è più. «Perdiamo uno che ci ha inorgoglito, fatto sentire più felici di essere semplici, corretti, leali. Gli abbiamo detto che stavano arrivando tanti messaggi. Ha sorriso e ha ringraziato» rimarca Agnese Foddis, direttrice generale della struttura ospedaliera. Rombo di Tuono, hombre vertical lascia emozioni e sentimenti. «Sono distrutto, per me era più di un fratello. Ci siamo visti venerdì scorso. Abbiamo parlato di tutto, ancora non posso crederci» sussurra Beppe Tomasini, compagno di quel Cagliari che nel 1970 ha portato lo scudetto nell’isola. “Giggirriva” è stato trasferito nelle camere mortuarie del Brotzu intorno alle 21. Martedì mattina sarà organizzato un ultimo saluto in ospedale. «Ci appelliamo al buon senso dei tifosi, affinché le nostre attività vadano avanti» segnala Raimondo Pinna. Ma gli sportivi sardi lo sanno. E saranno misurati. Proprio come Gigi Riva.