Ma perché le crisi del nostro Paese hanno sempre un impatto generazionale asimmetrico che ricade maggiormente sulle fasce più giovani? “In primis perché non c’è una politica giovanile strutturata, non c’è una strategia – precisa Monti – Serve una valutazione dell’impatto generazionale per ogni norma presentata alla Camera e al Senato, come nel modello tedesco e austriaco. In Italia è sempre mancata questa sensibilità, non si pensa all’impatto futuro”. Gli interventi sporadici, come il bonus cultura o il bonus abitazione non bastano: “Non vedendo futuro, i giovani non investono, anche se hanno le agevolazioni: non si indebitano per 25 anni per una abitazione. Pensiamo poi agli interventi per le startup, dove solo il 18% riguarda i giovani, il resto sono create da ex manager fuoriusciti da altre aziende”.
Manca una legge quadro
Per i giovani servirebbero, secondo il docente della Luiss, ulteriori agevolazioni per l’assunzione o incentivi per la formazione strutturali, insomma, interventi di lungo periodo: “Serve una legge quadro sui giovani e serve subito un patto per l’occupazione giovanile, che tra l’altro è uno degli obblighi contenuto nell’Agenda 2030. Si tratta di un accordo con le parti sociali per definire una strategia comune e unica, che si occupa anche della mobilità ma anche del problema abitativo. I giovani faticano ad arrivare un lavoro stabile, non fisso ma dignitoso: è pieno di part-time involontari. Lo stipendio ai minimi non permette mobilità”.
Di giovani quindi si parla molto ma si concretizza poco: “Si è persa un’opportunità formidabile: a Bruxelles era stato previsto il pilastro giovani ma nel nostro Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) non esiste. I giovani sono stati relegati a una priorità trasversale come quella delle donne e del Sud, che ancora oggi non si capisce come verrà monitorata, perché non ci sono target che impongono un monitoraggio cadenzato che poi coincide con l’erogazione delle risorse”.
Interpellando direttamente i giovani che quei muri devono ancora affrontarli, ovvero i giovani delle scuole superiori, si vede come la fuga all’estero venga vista sempre di più come una soluzione alla palude presente nel Paese. Guardando il dato della mobilità territoriale, dei 5.500 ragazzi tra i 14 e i 19 anni interpellati tramite un formulario per l’indagine 2022 della Fondazione Visentini, alla domanda “Nel 2030 dove ti vedi a vivere?”, più di 1 su 4 ha risposto fuori dall’Italia: “Se il dato fosse confermato nei fatti, saremmo davanti a un flusso migratorio dei nostri giovani ben più grave di quello registrato in questi anni”.
Se sei povero rimani povero
Dal Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale pubblicato nemmeno un mese fa da Caritas, uno dei dati più sconvolgenti è l’ereditarietà della povertà: “Sei persone su dieci dei poveri seguiti dalla Caritas provengono da famiglie che versavano già da tempo in uno stato di fragilità economica – spiega Federica De Lauso, curatrice del Rapporto della Caritas -. Questo dato preoccupa perché oggi in Italia, secondo l’Istat, ci sono un milione e 400mila bambini in uno stato di povertà assoluta. Se il processo di emancipazione è fortemente legato allo status dei nostri avi, siamo di fronte a una condizione alterata dei principi di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione. La scarsa mobilità mina l’equità e la giustizia sociale”.
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di Simona Buscaglia www.wired.it 2022-11-15 06:00:00 ,